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7 MARZO 1815: LAFFREY – “LA PRATERIA DELL’INCONTRO”

7 MARZO 1815: LAFFREY - "LA PRATERIA DELL'INCONTRO"

Quando

Marzo 7, 2023    
Tutto il giorno

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• Leggiamo innanzitutto ciò che scrive Stendhal in “Vita di Napoleone” (ed. Stock):

Il 6, l’imperatore dormì a Gap e il generale Cambronne con la sua avanguardia di quaranta uomini a La Mure. L’avanguardia della guarnigione di Grenoble, forte di seicento uomini, rifiutò i colloqui con il generale Cambronne. Il colonnello Jermanowski, essendo all’avanguardia, trovò una sfilata vicino a Vizille, occupato da una truppa che aveva una bandiera bianca. Voleva parlare, ma un ufficiale si avvicinò e gli gridò: “Ritiratevi, non posso avere alcuna comunicazione con voi. Mantenete la distanza o i miei uomini spareranno.” Il colonnello cercò di vincerlo dicendogli che avrebbe parlato all’imperatore Napoleone e non a lui, ma l’ufficiale continuò a servirsi di parole minacciose e Jermanowski andò a riferire all’imperatore di questo insuccesso.

Napoleone gli disse sorridendo: “Se è così, devo provare quello che posso fare io.” Mise piede a terra e ordinò a circa cinquanta dei suoi granatieri di seguirlo con le loro armi rovesciate; camminò tranquillamente fino alla sfilata dove trovò un battaglione del 5º di linea, una compagnia di scalpellini e una di minatori, in tutto 7-800 uomini. L’ufficiale comandante [il capitano Randon] continuava a gridare, spesso contro l’imperatore stesso, dicendo: “È un impostore, non è lui.” Di tanto in tanto questo ufficiale rimproverava le sue truppe, ordinando loro di fare fuoco. I soldati erano silenziosi e immobili. Per un momento, quando videro avvicinarsi la truppa di Napoleone, sembrò che volessero andare a dormire con le loro pistole.

Napoleone fece fermare i suoi granatieri, avanzò tranquillo e solo fino al battaglione. Quando fu molto vicino alla linea, si fermò, lanciò su di loro uno sguardo tranquillo e, aprendo la redingote, esclamò:

“Sono io, riconoscetemi. Se tra voi c’è un soldato che vuole uccidere il suo imperatore, che faccia fuoco, ecco il momento.”

Furono sconfitti in un istante e in mezzo alle ripetute grida di “Viva l’imperatore”, si precipitarono tra le braccia dei soldati della guardia. Poco prima che i soldati del quinto si agitassero, Napoleone si avvicinò a un granatiere e, prendendolo per uno dei suoi baffi, gli disse: “E tu, vecchio baffo, non sei stato con noi a Marengo?”

Questo è il racconto semplice di una di quelle azioni che, in tutti i secoli e in tutti i paesi, mostrano alle nazioni gli uomini per i quali devono camminare e agire. I compagni di Napoleone videro il movimento di questa truppa di settecento uomini come decisivo. Videro in questo evento che l’imperatore non si era sbagliato e che l’esercito era ancora suo.

Le nuove truppe presero la coccarda tricolore, si schierarono attorno alle aquile dell’esercito dell’isola d’Elba ed entrarono con loro a Vizille, in mezzo alle grida di gioia degli abitanti. Questo borgo ha sempre caratterizzato il suo patriottismo. Si può dire che è lì che è iniziata la Rivoluzione francese e la libertà del mondo. Nel castello di Vizille ebbe luogo la prima assemblea degli Stati del Delfinato.

Avanzando verso Grenoble, il colonnello Jermanowski fu raggiunto da un ufficiale che gli disse: “Vi saluto da parte del colonnello Charles Labédoyère.”

• Gabriel Faure, nel 1915, racconta, nella Revue des Deux Mondes, come Stendhal ha indagato su questo incontro:

Stendhal, con quella curiosità di spirito che lo rende così moderno, agisce come un reporter di oggi e ricostruisce sul posto la scena storica. Tramite uno dei suoi amici, convoca la gente del paese e va con loro sul campo dove, vent’anni prima, avevano assistito all’incontro. Non ha dimenticato nulla per sciogliere la lingua dei contadini e metterli in opposizione, quando vuole chiarire o precisare un dettaglio. ” Avevo fatto portare tre o quattro bottiglie di vino e ci siamo seduti parecchie volte; avevo cura di essere alterato quando vedevo qualche punto dubbio.”

Quando arriva al luogo in cui si decise, secondo la propria espressione, il destino dell’impresa più romantica e bella dei tempi moderni, è vivamente turbato. ” Confesserò la mia infanzia, il mio cuore batteva con violenza, ero molto commosso, ma i tre contadini non hanno potuto indovinare la mia emozione.” Questi ultimi segnarono, con rami di salice piantati in terra, la posizione delle truppe di Grenoble. E come indica anche il posto in cui Napoleone si trovava nel prato, ad una portata di fucile, uno dei contadini gli rimprovera di rappresentare così meschinamente l’imperatore.

“I suoi occhi brillavano; ed è andato a tagliare su un vecchio salice un grande ramo di più di dodici piedi di altezza che ha piantato nel luogo preciso in cui Napoleone si fermò. Un giorno ci sarà in questo luogo una statua di quindici o venti piedi di proporzione, proprio con l’abbigliamento che Napoleone indossava quel giorno.”

• Napoleone incontra La Bédoyère

“Eccolo… Fuoco!” grida invano il capitano Randon ai soldati che, lividi, tremanti come paralizzati, vedono avvicinarsi Napoleone.

Si ferma di fronte a loro: “Soldati! Sono il vostro Imperatore, riconoscetemi!” Poi, facendo ancora qualche passo, apre la sua redingote: “Se vi è tra voi un soldato che vuole uccidere il suo Imperatore, eccomi!”…

Un grido immenso: “Viva l’Imperatore!” esplode. E ranghi confusi, coccarde bianche gettate sulla strada e i soldati acclamano il loro idolo. Nel frattempo il capitano Randon riuscì a fuggire a cavallo. Mentre Delessart, che aveva schierato le sue truppe in battaglia allo sbocco della sfilata di Laffrey, consegna, piangendo, la sua spada all’Imperatore che la restituisce e lo bacia.

In quel momento a Grenoble, il generale Marchand aveva fatto distribuire le cartucce al settimo e all’undicesimo di linea, facendo loro prendere posizione sui bastioni. La Bédoyère ha posto il settimo tra la porta di Bonne e quella di Graille. Poi pranza dal generale Marchand che lo ha invitato. Dopo il pranzo, La Bédoyère ritorna al suo reggimento, vicino alla porta di Bonne, verso le tre del pomeriggio. Lungo il suo cammino non ha smesso di vedere mille indizi dello stato d’animo della popolazione e conosce quello della truppa. Insomma, l’opinione è praticamente unanime, ma nessuno dei capi ha il coraggio di fare il primo passo, pur aspirando a unirsi quando tutto sarà stato deciso da altri.

Questa mancanza di coraggio morale è odiosa a La Bédoyère. Egli riunisce i suoi ufficiali, ripetendo loro che il 7º di linea è chiamato a camminare per opporsi al ritorno dell’Imperatore… ” Camminiamo contro di lui o camminiamo per lui?” – “Per lui!… Per lui… Per lui!…” rispondono agli ufficiali con un entusiasmo difficile da descrivere. Davanti alle sue compagnie, il giovane colonnello estrae allora la sua spada e grida: “A me, soldati del settimo!… A me, miei coraggiosi compagni!… Vi mostrerò la nostra strada… avanti! Chi mi ama mi segua!…”

Alle grida di: “Lunga vita all’Imperatore!” le unità si riuniscono, si mettono in marcia e, seguendo il loro colonnello, attraversano la porta di Bonne, oltrepassano il sobborgo di Graille. Al di là di questo, La Bédoyère fa fare una sosta, formando il reggimento in quadrato e presentando le armi. Dal suo appendiabiti toglie la vecchia aquila del settimo di linea, che il reggimento aveva devotamente conservato, e la fa fissare alla fine di un ramo di salice, mentre risuona un grido vibrante: “Viva l’Imperatore!” Poi, dietro il vecchio emblema delle vittorie passate, il settimo riprende la sua marcia verso Napoleone.

Subito informato della defezione di Bédoyère, il generale Marchand accorse alla porta di Bonne. Il colonnello Roussille, della quinta linea, si trova lì e gli racconta gli eventi. Egli aggiunge parlando di La Bédoyère: “Questo mascalzone aveva sedotto i miei granatieri; se non fossi stato qui, li avrebbe portati via!” Marchand chiede dove si trovi il generale Devilliers. Quest’ultimo si è lanciato a cavallo, all’inseguimento di La Bédoyère sulla strada di Vizille. Si unì inizialmente ad una retroguardia di una sessantina di uomini e riuscì a farli tornare indietro, dicendo d’altronde che avrebbe dato contro-ordine all’intero reggimento. Poi riprende il galoppo, raggiungendo La Bédoyère.
Rivolgendosi a lui, a volte come compagno, a volte come capo, a volte come saggio consigliere, cerca in tutti i modi di farlo tornare sulla sua decisione. Arriva a rappresentargli tutto il male che causerà ai suoi, così devoti alla Regalità. La Bédoyère gli risponde che i legami familiari più cari passano dopo l’interesse nazionale. Irremovibile, rimane sordo alle ingiunzioni come alle suppliche del suo generale. Alle parole “Patria e Re” risponde “Patria e Imperatore”. Devilliers gli chiede di parlare con i soldati. La Bédoyère annuisce. Ma l’arringa del generale, le sue preghiere, le sue minacce, non fanno niente. Presto anche la sua voce è coperta da una rotazione continua di “Viva l’Imperatore!”

Disperato, Devilliers riprende la strada di Grenoble. Nella piazza l’esaltazione è al suo culmine. Come scriverà più tardi (in una lettera ai “Sigg. della Commissione di Epurazione degli Ufficiali dell’Esercito”), le grida di “Viva l’Imperatore!” si sentivano nell’oscurità tra i soldati e il popolo.

Nel frattempo, alla testa del 7º di linea, La Bédoyère riprese la sua marcia verso l’Imperatore, al quale inviò l’aiutante maggiore del reggimento per annunciargli il suo arrivo. L’incontro avviene prima di Vizille, tra Travernolles e Brié. Dopo aver fermato e messo il suo reggimento sul ciglio della strada, si diresse verso Napoleone. Questi vide avvicinarsi il giovane e ardente colonnello. Lo scorso anno, nei giorni dolorosi di Fontainebleau, La Bédoyère si è spontaneamente messo a sua disposizione, rimanendo con lui fino all’ultimo momento, all’ora di tutti i rinnegamenti. E ora è ancora La Bédoyère, che per primo si unisce a lui con il suo reggimento, in un gesto pieno di fede, di patriottismo, di disinteresse.

L’Imperatore lo bacia, poi, con un gesto sovrano, toglie la coccarda che adorna il leggendario “cappellino” di La Bédoyère e gli consegna il tricolore. Si sposta poi verso il 7º di linea che presenta le armi mentre la musica suona la Marseillaise. Si fa portare l’aquila che, all’estremità del suo bastone di salice, brilla agli ultimi fuochi del tramonto e la porta alle sue labbra. Con poche parole ringrazia e si congratula con La Bédoyère e il suo reggimento. Poi, ponendoli all’avanguardia, fa riprendere la marcia su Grenoble.
Scende la sera. Ai lati della colonna, masse di contadini armati di forconi e vecchi fucili, lo accompagnano con entusiasmo. Hanno acceso le torce quando siamo arrivati alle porte della città, prima delle sette di sera. Questa folla, che scorta i soldati, si accalca sui ghiacci urlando “Viva l’Imperatore!” a cui rispondono quelli dei “difensori” della piazza posta sulle mura… e quelli del popolo nelle strade che vi conducono.

• Napoleone davanti a Grenoble

Alle sette di sera, l’esercito imperiale, singolarmente grossolano dalla mattina, arriva davanti a Grenoble. Nonostante un ordine dell’ufficiale Ruhl e due lancieri, le porte non si aprono. Sulle mura, Marchand fece piazzare dei cannoni caricati a mitraglia, ma le truppe, che dovevano difendere la porta e puntare i cannoni, non pensano che a vedere Napoleone e a schierarsi al suo fianco. Tutti conoscono il proclama distribuito dal dottor Emery, che aveva preceduto la colonna, munito di un falso passaporto. Invano, Marchand cerca di trovare tra loro un ufficiale o un soldato che spari all’imperatore.

Irritato di vedere questa situazione prolungarsi, l’Imperatore stesso arriva fino allo sportello della porta di Bonne, accompagnato da La Bédoyère. Lì, rivolgendosi al colonnello Roussille, del quinto di linea, Napoleone gli ordina di aprire la porta. Il colonnello risponde che può ricevere ordini solo dal generale Marchand. “Lo destituisco”, dice l’Imperatore. Il colonnello risponde: “Conosco il mio dovere, obbedirò solo al generale”.

Infuriato dall’ira, La Bédoyère grida ai soldati di Roussille: “Strappategli le spalline!” Nel tumulto i soldati tentano invano di sfondare la porta, ma senza voler prendersela con i loro ufficiali. Nel frattempo, il generale Marchand riuscì a fuggire da Grenoble con alcuni capi di corpo che riuscirono a raccogliere, con grande fatica, due o trecento soldati di ogni arma. È arrivato il momento! Roussille si decise infine a far aprire la porta.

È portato in trionfo da una folla delirante di entusiasmo, mentre Napoleone entra nella città. Davanti all’Hotel des Trois Dauphins, tenuto da Labarre, una delle sue ex guide dell’esercito d’Italia, un gruppo di operai viene a portargli, sotto il suo balcone, la porta di Bonne: “In mancanza delle chiavi della buona città di Grenoble, ti portiamo la porta!”

A Grenoble, dove rimase trentasei ore, ricevendo la magistratura, il clero, l’Accademia, l’Imperatore ebbe due conversazioni prolungate con La Bédoyère e lo interrogò a lungo sull’opinione della Francia. Sa trovare in sé un giudizio puro e libero da ogni legame con i partiti politici. La Bédoyère si esprime con una franchezza che a volte stupisce Napoleone.

“Sire, non potete più regnare in Francia se non con idee liberali.” – “Credete dunque che io li tema?” risponde l’Imperatore. “Dopo una rivoluzione come quella che aveva avuto luogo in Francia, dove tutte le passioni sono state in movimento e tutti gli interessi offesi, ci voleva una mano ferma per governare i francesi. Solo io posso, senza timore, dare loro la libertà che hanno il diritto di aspettarsi. Le speranze che metteranno in me non saranno ingannate.”

La Bédoyère gli disse che i francesi avrebbero fatto tutto per lui, ma che desideravano la pace, Napoleone riprese: “Quanto alla pace farò tutto per ottenerla. I trattati umilianti non sono stati fatti per me, ma me ne accontenterò, se conviene alla Francia.”

Quanto le parole dell’Imperatore vanno al cuore di La Bédoyère che si è appena unito a lui con la convinzione di servire la causa della libertà, della patria e della pace! Potrà dedicarsi ai suoi, tranne in caso di guerra. Ma chi si deciderebbe a fare la guerra se Napoleone si rifiutasse?

Napoleone entrò nella città, alla luce delle torce, nel bel mezzo di un entusiasmo delirante. Rue Montorge, all’Hôtel des Trois-Dauphins, per la prima volta dopo lunghi mesi, l’Imperatore si addormenta, se non tranquillo, almeno felice. Questa giornata del 7 marzo 1815 è una delle più inebrianti che abbia mai vissuto.

• A Sant’Elena, Napoleone spesso dice:

“Fino a Grenoble ero un avventuriero; a Grenoble ero un principe.” Oggi ci è voluto molto tempo, ma “ne è valsa la pena”, giusto?

Laffrey è la comunione tra l’Imperatore e l’esercito, tra Napoleone e il popolo francese che, con fervore, lo consacra di nuovo.

Il termine “Prateria dell’Incontro” è coniato da Stendhal.