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7 DICEMBRE 1815: NEY CADE SOTTO I PROIETTILI FRANCESI

7 DICEMBRE 1815: NEY CADE SOTTO I PROIETTILI FRANCESI

Quando

Dicembre 7, 2022    
12:00 am

Tipologia evento

Michel Ney, duca di Elchingen, principe della Moskowa, maresciallo d’Impero, nato il 10 gennaio 1769 a Sarrelouis en Lorraine (dipartimento della Mosella nel 1790), fu fucilato il 7 dicembre 1815, in place del’Observatoire a Parigi.

Alla seconda Restaurazione, Luigi XVIII chiese a Fouché, suo ministro della Polizia, di fornirgli la lista degli ufficiali accusati di tradimento per aver raggiunto Napoleone durante i Cento giorni. L’elenco comprende un solo maresciallo, Ney. Quest’ultimo, rimasto in Francia, viene arrestato nel Lot, nel castello di Bessonies. Il 19 agosto viene incarcerato.
La sentenza è stata emessa dalla Conciergerie e successivamente trasferita nel carcere di Lussemburgo. Sulla strada, il generale Exelmans gli propone di liberarlo e scortarlo dove vuole, ma Ney rifiuta. Si dice che degli ufficiali sarebbero venuti a liberarlo nel carcere del Lussemburgo, ma che avrebbe anche rifiutato.

Il consiglio di guerra che doveva giudicare il maresciallo Ney, comprendeva altri marescialli di Francia e la presidenza spettava di diritto al loro decano, il maresciallo Moncey. Quest’ultimo si ritira e rifiuta di partecipare al processo. Scontento, il 29 agosto, il re lo destituisce e gli infligge tre mesi di arresto alla fortezza di Ham. Fu il maresciallo Jourdan, anch’egli membro del Consiglio di guerra, a essere nominato presidente.

• Ney contesta la competenza del tribunale del consiglio di guerra

Ney teme il persistente risentimento dei suoi ex compagni e non vuole essere giudicato da loro. Elevato alla parìa da Luigi XVIII, può quindi esigere di essere giudicato dalla Camera dei Pari, sebbene composta in maggioranza da realisti convinti. Egli contesta la competenza del tribunale del consiglio di guerra, e chiede il suo rinvio alla camera dei pari. Il 10 novembre, il consiglio si pronuncia per incompetenza e rimanda Ney alla Camera dei Pari. Ma questa Camera è a forte maggioranza monarchica. Il dibattito non può che essere a senso unico. Diversi eminenti personaggi membri di questa Camera si fanno allora dispensare, tra cui Talleyrand, che dice di non voler partecipare a tale crimine.

Il 6 dicembre, la città natale di Ney, Sarrelouis, divenne prussiana, dopo il trattato di Parigi del 20 novembre. Il suo avvocato dichiara quindi che Ney non può essere giudicato. Argomenta che ora è prussiano. Ney si alza, interrompe il suo avvocato e dice: “Sono francese e resterò francese!”

I pari di Francia dichiarano Ney colpevole di aver attentato alla sicurezza dello Stato, quasi all’unanimità. La domanda riguarda allora la pena da applicare. Pena di morte? Deportazione? Clemenza del re?

• Sérurier, Kellermann, Pérignon, Victor e Marmont votano per la morte di Ney

Davout fu l’unico maresciallo a testimoniare in favore di Ney. Gouvion-Saint-Cyr optò per la deportazione. Votano la morte, Sérurier, Kellermann, Pérignon, Victor e Marmont, tutti ex compagni d’armi e marescialli dell’Impero! La sentenza è resa alle undici e mezzo di sera. Le Pari applicano la regola del consiglio di guerra e la leggono in assenza dell’accusato. La morte! Con 139 voti contro 17 per la deportazione e 5 astensioni. A questi cinque marescialli che hanno votato la morte si sono associati quattordici generali, il viceammiraglio Ganteaume e Chateaubriand.

Ironia della sorte, i pari, tutti realisti, firmarono la condanna a morte di Ney invocando le leggi della Rivoluzione, le leggi di Brumaio anno V: “L’esecuzione avverrà nella forma prescritta dal decreto del 12 maggio 1793”. Durante la loro deliberazione, subodorando la sentenza, i difensori del maresciallo gli fanno visita nella sua cella. Dopo la partenza, Ney inizia a scrivere le sue ultime disposizioni e dorme completamente vestito.

Alle 3 del mattino, il segretario-archivista della Camera dei Pari, Cauchy, lo sveglia per comunicargli ufficialmente la sentenza. Il generale de Rochechouart, che comanda la piazza di Parigi, lo informa che può ricevere tre visite: sua moglie, il suo notaio e il suo confessore. La moglie, accompagnata dai loro quattro figli, viene a visitare il marito nella cella. Sviene quando apprende la sentenza. Invano andò ad implorare la sua grazia presso Luigi XVIII. Viene proposto un confessore a Ney che risponde: “Mi annoi con il suo, sacerdote”, ma alla fine accetta, convinto da un ex soldato della campagna di Russia, diventato credente in questa occasione. Ney scrisse un’ultima volta a suo cognato, poi parlò con il parroco di Saint-Sulpice.

• Salite, per favore, signor parroco. Tra poco passerò per primo

Alle 8:30 viene a prenderlo un’auto. Quando sale in macchina, il maresciallo dice al parroco che lo accompagna: “Salite, per favore, signor parroco. Tra poco passerò per primo”. Ney, per evitare il disonore di essere degradato, indossa un semplice abito borghese. Per timore di un movimento popolare, il corteo è inquadrato da numerosi gendarmi, una compagnia di veterani sottufficiali, il plotone di esecuzione e uno squadrone della guardia nazionale. Non prende la direzione della pianura di Grenelle, luogo abituale di esecuzione, dove, quattro mesi prima, passò Charles de La Bédoyère, ma si ferma a trecento passi di là, in viale dell’Osservatorio.

Di fronte alle truppe riunite e a un gran numero di curiosi, mescolando pari di Francia, ufficiali alleati e operai parigini, il maresciallo rifiuta di essere bendato. “Non sapete che da venticinque anni sono abituato a guardare in faccia palle e proiettili”. Poi si rivolge ai soldati: “Compagni, sparatemi e mirate giusto”. Undici proiettili francesi lo colpiscono, di cui sei nel petto. Cade a faccia in giù e, secondo l’usanza, i resti rimangono esposti al suolo per quindici minuti.

Un cavaliere britannico fa saltare il suo cavallo sul cadavere. Un ufficiale russo, che ha espresso ostentatamente la sua gioia, è immediatamente cancellato dalle liste dell’esercito russo dallo zar Alessandro I che aveva molto rispetto per il maresciallo Ney.

Lasciamo l’ultima parola a un anonimo inglese, presente sul luogo dell’esecuzione, su un argomento di scottante attualità:

“I francesi si comportano come se non ci fosse storia o posterità.”