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3 LUGLIO 1815: NAPOLEONE A ROCHEFORT

3 LUGLIO 1815: NAPOLEONE A ROCHEFORT

Quando

Luglio 3, 2023    
12:00 am

Event Type

Napoleone prese la direzione di Rochefort il 29 giugno 1815, dove arrivò il 3 luglio e attese i salvacondotti.

• Henry Houssaye La Route de Sainte-Hélène – Gli ultimi giorni di Napoleone in Francia Revue des Deux Mondes, 5° periodo, volume 20, 1904

Per quattro giorni, il prefetto marittimo [Bonnefous] era stato informato, con dispacci di Decrès [il ministro della Marina], dell’imminente arrivo di Napoleone. Decrès gli aveva incaricato di attrezzare le fregate Saale e Méduse per imbarcare l’Imperatore e il suo seguito diretti negli Stati Uniti. Queste navi dovevano essere pronte a salpare dodici ore dopo che l’imperatore sarebbe stato a Rochefort, “se la crociera nemica non fosse stata in grado di opporsi”.

Bonnefous diede subito ordini ai capitani della Saale e della Meduse, i capitani Philibert e Ponée. Le provviste per quattro mesi e mezzo erano state portate a bordo, gli equipaggi erano stati completati, le canoe imbarcate, le vele spiegate. Il 3 luglio, alle otto del mattino, quando l’Imperatore scese dall’auto davanti alla prefettura marittima, tutto era pronto per salpare.

Impaziente di partire, l’Imperatore volle fermarsi solo pochi istanti a Rochefort e andare subito ad imbarcarsi in rada. Ha chiesto se le fregate erano pronte. Bonnefous glielo assicurò, ma disse, come aveva scritto il giorno prima, che le chiuse erano bloccate ei venti contrari. Su richiesta di Napoleone, Beker [generale, aveva l’apparente missione di vegliare su Napoleone e la missione segreta di monitorarlo] riunì in consiglio presso la prefettura diversi alti ufficiali della marina e il vice ammiraglio Martin.

Disponibile dal 1810, Martin si era ritirato in campagna, vicino a Rochefort; saputo dell’arrivo dell’Imperatore, aveva subito lasciato il suo ritiro per venire a salutarlo. Il consiglio, al quale il prefetto marittimo ha condiviso le sue opinioni preoccupate, ha riconosciuto che era impossibile per le fregate ingannare la vigilanza della crociera. L’ammiraglio Martin diede avviso che l’imperatore avrebbe dovuto raggiungere Royan a cavallo o in canoa. Troverebbe alla foce della Gironda la corvetta Bayadère, comandata dal capitano Baudin.
“Conosco Baudin, disse l’ammiraglio. È l’unico uomo in grado di condurre l’imperatore sano e salvo in America.” Accettata questa proposta in linea di principio, Bonnefous inviò un corriere a Royan. Il giorno dopo, in serata, abbiamo ricevuto la risposta di Baudin. Si incaricò di portare l’Imperatore in America o su una delle sue due corvette, la Bayadère e l’Infatigable, oa bordo della Pike, una nave americana, che navigava straordinariamente veloce, che avrebbe convogliato con le sue corvette. “In caso di scontro, scriveva il futuro ammiraglio, mi dedicherò con la Bayadère e l’Infaticabile a bloccare il passaggio del nemico. Per quanto superiore possa essere, sono sicuro di fermarlo.”

L’imperatore acconsentì a questo progetto, ma non aveva fretta di accettarlo. Se le fregate avessero avuto mare aperto e vento favorevole, si sarebbe imbarcato in orario. La sua ferma intenzione era quella di andare a vivere una nuova vita in America, e gli sembrava consono alla sua dignità lasciare la Francia su una nave dello Stato con gli onori imperiali.

Ma essendo la sua partenza in queste condizioni impedita o rinviata, temporeggiava. Prima di fuggire a bordo di una nave americana, non dovremmo aspettare qualche giorno? Le sorti potrebbero cambiare, la sorveglianza della crociera potrebbe essere sventata, l’Inghilterra potrebbe concedere un salvacondotto. Speranza suprema infine, dove l’imperatore si ostinava contro ogni ragione: il governo, costretto dalle circostanze, sommossa popolare, tumulto militare, non lo avrebbe richiamato alla testa dell’esercito? Se nulla di tutto ciò accadesse, ci sarebbe ancora tempo per fuggire attraverso la Gironda. E anche se fosse troppo tardi, rimarrebbe la risorsa di cercare asilo in Inghilterra.

Napoleone aveva concepito questo progetto fin dal giorno dell’abdicazione; ha trovato “grandezza” in esso. All’Eliseo ea Malmaison aveva parlato con Hortense, Bassano, Lavalette, Carnot; passando per Niort, aveva chiesto i mezzi per eseguirlo, se necessario. Era un’ossessione. La respingeva costantemente; lei continuava a tornare a disturbare, a dominare i suoi pensieri.