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22 GIUGNO 1815: L’ABDICAZIONE DI NAPOLEONE

22 GIUGNO 1815: L'ABDICAZIONE DI NAPOLEONE

Quando

Giugno 22, 2023    
12:00 am

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Napoleone, esausto, fu accolto da Caulaincourt il 21 giugno all’Eliseo. Le dice “Sto soffocando! Fammi un bagno! Ho bisogno di due ore di riposo… Cosa dicono a Parigi, Caulaincourt? E le Camere? Li riunirò, parlerò con loro… Dipingerò loro le disgrazie dell’esercito; Chiederò loro i mezzi per salvare il Paese… Troverò uomini e pistole, tutto si può riparare…».

A Davout chiede: “Cosa pensi che diventerà?” questo risponde “Credo, Sire, che, se 4000 uomini fossero uniti insieme, Vostra Maestà sarebbe con la loro testa. Se non c’è, allora tutto è perduto… A meno che non si intervenga con forza, a partire dal rinvio della seduta delle Camere, o restiamo paralizzati».

Infatti, la notizia della disfatta di Waterloo giunse a Parigi il 20 giugno 1815. Alla Camera dei Rappresentanti, Fouché, ministro della polizia di dubbia lealtà, tastò alcuni membri sulle misure da adottare in caso di disfatta. Lafayette riteneva che la Camera avrebbe dovuto chiedere l’abdicazione dell’Imperatore e, in caso di rifiuto, pronunciarne la decadenza.

Napoleone, incoraggiato da Lucien e da Carnot, evoca l’ipotesi di una dittatura temporanea, l’unica in grado, secondo lui, di ribaltare la situazione. Riluttante a usare ancora una volta la forza, sperava tuttavia che la Camera gli concedesse pieni poteri, risparmiandogli così di doverli impadronirsi.

Regnaud de Saint-Jean-d’Angely, suo ministro, fu il primo a menzionare un’abdicazione a favore del re di Roma, che avrebbe potuto impedire ai rappresentanti di votare per la decadenza.

La Camera, informata da Fouché delle minacce di colpo di stato, si è riunita il 21 giugno a mezzogiorno. Lafayette lo fa proclamare “permanentemente” e inviolabile. Ha chiesto che i ministri si presentassero davanti a lei, ha denunciato le minacce di un colpo di stato e ha mobilitato quattrocento guardie nazionali per proteggerla. Formula pubblicamente l’alternativa: abdicazione o decadenza.

Alla Camera dei Pari, solo La Bédoyère cerca di impedire la decadenza: “Se non riconosciamo suo figlio per il quale abdica, non ha abdicato”.

Alle 9 di sera è entrato in seduta un comitato centrale, che riunisce rappresentanti, colleghi e membri del Consiglio di Stato. Alle ore 11, questo comitato autorizza le Camere a trattare, senza rivolgersi all’Imperatore, con le potenze alleate.

La Camera dei Rappresentanti riprende lo slogan dell’abdicazione, ma il presidente riesce a negoziare un ritardo di un’ora prima che venga messa ai voti una risoluzione, portata da Lafayette, che chiede la decadenza.

Nel frattempo, Lucien spinge Napoleone a sciogliere la Camera per riprendere il potere. Ma altri consiglieri riescono a convincere l’imperatore ad abdicare in favore di suo figlio, allora di cinque anni.

Lucien finalmente prende, sotto dettatura di Napoleone, una copia della sua abdicazione:
Dichiarazione al popolo francese.
Francese ! nell’iniziare la guerra per sostenere l’indipendenza nazionale, ho contato sull’unione di tutti gli sforzi, di tutte le volontà, e sul concorso di tutte le autorità nazionali. Avevo ragione a sperare nel suo successo, e avevo sfidato tutte le dichiarazioni dei poteri contro di me.
Le circostanze sembrano essere cambiate. Mi offro in sacrificio all’odio dei nemici della Francia. Possano essere sinceri nelle loro dichiarazioni e non aver mai desiderato altro che la mia persona! La mia vita politica è finita e proclamo mio figlio con il titolo di Napoleone II, imperatore dei francesi.
Gli attuali ministri formeranno provvisoriamente il consiglio di governo. Il mio interessamento per mio figlio mi impegna ad invitare le camere ad organizzare senza indugio la reggenza per legge.
Unite tutti per la sicurezza pubblica e per rimanere una nazione indipendente.
All’Eliseo, 22 giugno 1815.
Napoleone