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21 FEBBRAIO 1809: SARAGOZZA CAPITOLA DAVANTI A LANNES

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21 FEBBRAIO 1809: SARAGOZZA CAPITOLA DAVANTI A LANNES

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Febbraio 21, 2023    
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Dal 1808, in Spagna, è guerra crudele tra francesi e spagnoli animati da sentimenti nazionali e un fanatismo religioso. Dopo un periodo di vittorie sulle truppe regolari spagnole, i francesi dovettero opporsi a un corpo di spedizione inglese e a guerriglieri. Nell’inverno 1808-1809, l’esercito francese investe casa per casa Saragozza, che capitolerà il 21 febbraio 1809

• Leggiamo la descrizione dell’assedio di Saragozza da parte del generale Marbot:

Prima della grande insurrezione portata dalla prigionia di Ferdinando VII, la città di Saragozza non era fortificata; ma venendo a conoscenza degli eventi di Bayonne e delle violenze che Napoleone voleva fare alla Spagna per mettere suo fratello Giuseppe sul trono, Saragozza diede il segnale della resistenza.

La sua numerosa popolazione si alzò come un solo uomo; i monaci, le donne e anche i bambini presero le armi. Immensi conventi, mura spesse e solide circondavano la città; li fortificarono e vi furono posti cannoni; tutte le strade barricate; si fabbricarono polvere, palle di cannone, proiettili.
Tutti gli abitanti si arruolarono e presero come capo il conte Palafox, uno dei colonnelli delle guardie del corpo, e devoto amico di Ferdinando VII, che aveva seguito a Bayonne, da dove si era recato in Aragona dopo l’arresto del re. [… ] Il primo assedio fu […] mancato; ma con le nostre truppe rientrate vittoriose in Aragona, il maresciallo [Lannes] attaccò di nuovo Saragozza nel 1809.

Questa città si trovava allora in condizioni di difesa molto migliori, poiché le sue fortificazioni erano terminate e tutta la popolazione bellicosa dell’Aragona si era messa in piazza, la cui guarnigione era stata rinforzata da gran parte delle truppe spagnole dell’esercito di Castaños, sconfitte da noi a Tudela, cosicché il numero dei difensori di Saragozza ammontava a più di 20.000 uomini.

Avevamo degli ottimi ufficiali. L’ordine e la disciplina regnavano nei nostri ranghi, mentre nella città tutto era inesperienza e confusione. Gli assediati erano d’accordo solo su un punto: difendersi fino alla morte! I contadini erano i più accaniti! Entrati nella città con le loro mogli, i loro figli e anche le loro greggi, ad ogni gruppo era stato assegnato il quartiere o la casa che doveva abitare, giurando di difenderlo.

Lì la gente viveva ammucchiata con il bestiame e immersa nella sporcizia più disgustosa, perché non buttava fuori la spazzatura. Le viscere degli animali marcivano nei cortili, nelle stanze, e gli assediati non si prendevano nemmeno la briga di rimuovere i cadaveri degli uomini morti a causa della terribile epidemia che una tale negligenza non tardò a sviluppare. Il fanatismo religioso e l’amore per il sacro della patria esaltando il loro coraggio, si abbandonarono ciecamente alla volontà di Dio…

• Leggiamo ora Pedro Rújula:

Il 24 maggio 1808, la popolazione di Saragozza prese il controllo del governo della città. In pochi giorni, il giovane José de Palafox riesce a galvanizzare la popolazione e a prepararla per la difesa. Contro ogni aspettativa, riuscirono a parare l’attacco e costrinsero le truppe imperiali a fare l’assedio. Da quel momento la difesa sarà condotta principalmente da civili. Il mito di un popolo in armi prenderà forma a metà agosto, quando questo sforzo troverà la sua ricompensa nella ritirata dei francesi.

Quando, nel dicembre dello stesso anno, le truppe francesi tornarono, lo scontro con la città fu brutale. Contrapporrà coloro che si ostinavano a credere di poter sconfiggere un esercito organizzato, agguerrito e ben attrezzato, a coloro che avevano bisogno di cancellare il mito della resistenza civile per risparmiarsi altri episodi di resistenza. Lo scatenarsi della violenza e le innumerevoli vittime causate dalla presa della città hanno fatto di Saragozza, per usare le parole del capitano Billon, “il più omicida di tutti gli assedi della storia”.

• Leggiamo poi la storia del tesoro della Madonna del Pilar, narrata nelle sue Memorie dalla duchessa di Abrantès:

Presa Saragozza, i cinquantamila cadaveri imbalsamati gettati nell’Ebro o nelle fosse, una sorta di tranquillità sorda ristabilita nella città, i monaci furono esaminati nella loro condotta passata per farne un esempio. Era una misura che si riteneva necessaria e tempestiva.

Si misero i monaci in sacchi e li gettarono nell’Ebro. L’ebreo che non amava questi pesci, li gettò sulla sua riva, e il popolo di Saragozza poté vedere i suoi monaci strangolati e annegati. Ciò fece un effetto detestabile. Gli altri monaci ebbero paura e, un bel mattino, una deputazione  della cattedrale di Saragozza, che è Nostra Signora del Pilar, si inginocchiò davanti al maresciallo Lannes, chiedendogli, come una moglie, di accettare il piccolo dono che gli portava: un terzo del tesoro della Madonna del Pilar. Essi avevano, dicevano, destinato gli altri due terzi al duca di Abrate e al duca di Treviso.

Il maresciallo Lannes si arrabbiò con i canonici deputati o con i deputati incaricati dell’affare e disse loro che prima di venire a lui dovevano andare al duca di Abrantès e al duca di Treviso, per offrire loro ciò che era loro destinato. Nella situazione di spirito in cui si trovava Junot, lascio a pensare come accolse i deputati. Chiese loro se ridevano di lui e li mise fuori, trascinandoli quasi per le spalle.

Quanto al duca di Treviso, che non aveva gli stessi sudditi d’umore del duca d’Abrate, fu più gentile, ma non accettò. I canonici rinvasarono il tesoro di Nostra Signora del Pilar nella sua chiesa e furono i più felici del mondo di non dover dare uno solo dei suoi diamanti.

La sera dello stesso giorno, il maresciallo Lannes inviò uno dei suoi ufficiali a chiedere il tesoro per intero e lo portò a Parigi.

• Infine, il generale Thoumas, biografo di Lannes:

Dal punto di vista militare, questo assedio deve essere considerato uno dei principali titoli di gloria dell’esercito francese e di Lannes in particolare. Per giudicarlo bisogna tener conto della grande inferiorità numerica degli assalitori, delle difficoltà che provava per approvvigionarsi viveri e munizioni, della costanza con cui sopportarono privazioni e fatiche inaudite, del coraggio che per cinquantatre giorni e cinquantatre notti essi opposero a continui pericoli.

L’attività del maresciallo Lannes, che non si risparmiava in nessun momento la fatica, e il sangue freddo che mostrò nelle disposizioni più critiche, l’ardore e la pazienza di cui diede l’esempio alle truppe, furono per molti ragione del successo.