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19 novembre 1806: NAPOLEONE DESIGNA IL PAESE CHE NON VUOLE LA PACE IN EUROPA

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19 novembre 1806: NAPOLEONE DESIGNA IL PAESE CHE NON VUOLE LA PACE IN EUROPA

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Novembre 19, 2022    
12:00 am

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Il 14 ottobre 1806, il senato decise che una deputazione di tre dei suoi membri si sarebbe recata a Berlino, presso l’imperatore, per offrirgli l’omaggio per la sua dedizione. Il 19 novembre 1806, i tre senatori François de Neufcâteau, d’Aremberg e Colchen furono ricevuti, dopo la parata, palazzo reale di Berlino dall’imperatore.

Napoleone li incaricò di riportare a Parigi le 340 bandiere e stendardi prese dall’esercito prussiano, così come la spada, la sciarpa, la gorgiera e il cordone del grande Federico, per essere consegnato al governatore degli Invalides.

Attorno all’Imperatore, Murat, Berthier, Davout, Soult, Ney, Lefebvre, Caulincourt, Maret, Vivant-Denon e tutta l’assemblea ascoltarono questo discorso:

“Senatori, vogliamo, nelle circostanze in cui si trovano gli affari generali dell’Europa, far conoscere a voi e alla nazione i principi che abbiamo adottato come regola della nostra politica.

La nostra estrema moderazione, dopo ciascuna delle prime tre guerre, è stata la causa di quello che è successo. Così abbiamo dovuto lottare contro una quarta coalizione, nove mesi dopo che la terza è stata sciolta, nove mesi dopo quelle vittorie clamorose che la Provvidenza ci aveva concesso e che dovevano assicurare un lungo riposo al continente.

Ma molti dei gabinetti dell’Europa sono prima o poi influenzati dall’Inghilterra e senza una solida pace con questa potenza, il nostro popolo non può godere dei benefici che sono il primo scopo dei nostri lavori, l’unico oggetto della nostra vita. Pertanto, nonostante la nostra situazione trionfante, non siamo stati fermati, nei nostri ultimi negoziati con l’Inghilterra né dall’arroganza del suo linguaggio né dai sacrifici che ha voluto imporci. L’isola di Malta, alla quale, per così dire, era legato l’onore di questa guerra, e che, trattenuta dall’Inghilterra in spregio ai trattati, ne era la prima causa, l’avevamo ceduta. Avevamo acconsentito che al possesso di Ceylon e dell’impero del Mysore l’Inghilterra aggiungesse quella del Capo di Buona Speranza.

Ma tutti i nostri sforzi sono falliti quando i consigli dei nostri nemici hanno cessato di essere animati dalla nobile ambizione di conciliare il bene del mondo con la prosperità presente della loro patria e la prosperità presente della loro patria con una prosperità duratura. Nessuna prosperità può essere duratura per l’Inghilterra, quando è fondata su una politica esagerata e ingiusta che priverebbe sessanta milioni di abitanti, i loro vicini, ricchi e coraggiosi, di ogni commercio e di ogni navigazione.

Subito dopo la morte del principale ministro dell’Inghilterra, ci fu facile accorgerci che la continuazione dei negoziati non aveva altro scopo che quello di coprire le trame di questa quarta coalizione, soffocata dalla sua nascita.

In questa nuova posizione, abbiamo preso come principi invariabili la nostra condotta di non evacuare né Berlino né Varsavia né le province che la forza delle armi ha fatto cadere nelle nostre mani, prima che la pace generale fosse conclusa. Solo le colonie spagnole non siano restituite né le basi della potenza ottomana né l’assoluta indipendenza di questo vasto impero, primo interesse del nostro popolo, irrevocabilmente consacrato.

Abbiamo messo le isole britanniche in stato di blocco e abbiamo ordinato contro di esse disposizioni che ripugnavano al nostro cuore. Ci è costato far dipendere gli interessi dei singoli dalla contesa dei re e ritornare, dopo tanti anni di civiltà, ai principi che caratterizzano la barbarie delle prime età delle nazioni, ma siamo stati costretti, per il bene dei nostri popoli e dei nostri alleati, di opporre al nemico comune le stesse armi di cui si serviva contro di noi. Queste determinazioni, guidate da un giusto senso di reciprocità, non sono state ispirate né dalla passione né dall’odio.

Ciò che abbiamo offerto, dopo aver dissipato le tre coalizioni che tanto avevano contribuito alla gloria dei nostri popoli, lo offriamo ancora oggi che le nostre armi hanno ottenuto nuovi trionfi. Siamo pronti a fare la pace con l’Inghilterra; siamo pronti a farla con la Russia, con la Prussia, ma può essere conclusa solo su basi tali da permettere a nessuno di arrogarsi alcun diritto di supremazia nei nostri confronti. Che restituisca le colonie alla loro metropoli e che garantisca al nostro commercio e alla nostra industria la prosperità che devono raggiungere.

E se l’insieme di queste disposizioni allontana ancora di qualche tempo il ristabilimento della pace generale, qualunque breve ritardo sembrerà lungo al nostro cuore. Ma siamo certi che i nostri popoli apprezzeranno la saggezza delle nostre motivazioni politiche, che giudicheranno con noi che una pace parziale è solo una tregua che ci fa perdere tutti i nostri vantaggi acquisiti per dar luogo a una nuova guerra e che, infine, solo in una pace generale la Francia può trovare la felicità.

Siamo in uno di questi momenti importanti per il destino delle nazioni e il popolo francese si mostrerà degno di quello che lo attende. Il Senatoconsulto che abbiamo ordinato di proporvi, e che ci metterà a disposizione nei primi giorni dell’anno la coscrizione del 1807, che nelle circostanze ordinarie doveva essere revocata solo nel mese di settembre, sarà eseguito con zelo dai padri come dai figli. E in quale momento più bello potremmo chiamare alle armi i giovani francesi? Dovranno attraversare, per arrivare alle loro bandiere, le capitali dei nostri nemici e i campi di battaglia illustrati dalle vittorie dei loro anziani”.