La capitolazione di Vienna viene firmata alle due del mattino. Le porte della città vengono occupate da Oudinot alle sei. Due ore dopo, le truppe francesi entrarono in città in ordine di parata. 15.000 difensori sono fatti prigionieri. Truppe francesi sono entrate fino a Leopolstadt, mettendo le mani su 500.000 Gulden in monete, quattro milioni in banconote e 5 milioni in oro e argento.
• Leggiamo Robert Ouvrard, grande specialista delle relazioni tra Francia e Austria
Il 14 maggio 1809, cinque anni dopo la prima presa di possesso della capitale degli Asburgo, Napoleone era di ritorno a Vienna. Questa seconda occupazione sarebbe stata notevolmente più lunga di quella del 1805. Questa volta Vienna doveva essere bombardata per essere conquistata. Si litigava (molto più di quanto si combatteva) prima che la capitolazione fosse effettiva.
L’accoglienza dei viennesi fu non meno benevola. Di conseguenza, l’amministrazione d’occupazione, diretta dal generale Andréossy, assistito dal “terribile” Savary sempre affiancato dal suo maestro-spia Schulmeister, dovette prendere misure energiche per mantenere l’ordine pubblico, procedere senza indugio alle requisizioni e alimentare le casse dell’esercito.
Soprattutto, mentre i francesi si insediavano nella città deserta di una parte della sua popolazione, l’arciduca Carlo aveva potuto mettere il Danubio tra lui e l’esercito napoleonico. La guerra era lungi dall’essere finita e le prossime operazioni si annunciavano pericolose per gli invasori.
Napoleone si trasferì a Vienna dove avrebbe trascorso quasi sei mesi. La capitale degli Asburgo, sorta di centro della seconda linea delle operazioni militari, fu per lungo tempo la capitale dell’Impero francese.
• Proclamazione di Napoleone al suo esercito:
“I principi della Casa di Lorena hanno abbandonato la loro capitale, non come soldati d’onore che cedono alle circostanze e alle sconfitte della guerra, ma come spergiuro che i loro stessi rimorsi proseguono… Soldati! Facciamo del bene ai poveri contadini e a questo popolo buono che ha tanto diritto alla nostra stima. Non conserviamo nessun orgoglio dei nostri successi; vediamo in essi una prova di questa giustizia che punisce l’ingrato e lo spergiuro”.