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12 APRILE 1814: TENTATO SUICIDIO DI NAPOLEONE

12 APRILE 1814: TENTATO SUICIDIO DI NAPOLEONE

Quando

Aprile 12, 2023    
Tutto il giorno

Event Type

• Constant Wairy, detto Constant (1778-1845), primo cameriere di Napoleone fino al 1814, scrive nelle sue Mémoires

L’11 aprile [Constant scrive l’11, ma sbaglia data, era il 12], avevo messo a letto l’imperatore come al solito, credo anche un po’ prima del solito, perché se ricordo bene, non erano proprio le dieci e mezza. A letto, mi sembrò meglio che durante il giorno, ma più o meno nello stato in cui l’avevo visto prima. Dormivo in una camera al piano rialzato sopra la camera dell’imperatore, alla quale comunicava tramite una piccola scala nascosta.

Da qualche tempo avevo l’attenzione di coricarmi tutto vestito per essere più prontamente vicino a Sua Maestà quando mi faceva chiamare. Dormivo abbastanza profondamente quando, a mezzanotte, fui svegliato dal sig. Pelard, che era di servizio. Mi disse che l’imperatore mi chiedeva e, aprendo gli occhi, vidi sulla sua faccia un’aria di terrore di cui fui costernato. Tuttavia mi sono gettato in fondo al mio letto, e, scendendo le scale, Mr. Pelard ha aggiunto: L’imperatore ha lasciato qualcosa in un bicchiere e lo ha bevuto.

Entrai nella stanza di Sua Maestà, in preda ad angosce che è impossibile immaginare. L’imperatore si era coricato; avanzando verso il suo letto, vidi sul pavimento davanti al camino i detriti di un sacchetto di pelle e taffetà nero, lo stesso di cui ho parlato prima. Era infatti quello che portava al collo dalla campagna di Spagna e che custodivo con tanta cura nel frattempo da una campagna all’altra. Ah! Se avessi potuto immaginare cosa contenesse! In quel momento fatale, la terribile verità mi fu rivelata improvvisamente! Tuttavia ero al capezzale del letto dell’imperatore.

“Costante, mi disse con voce a volte debole e a volte violentemente a scatti, Constant, sto per morire!… Non ho potuto resistere ai tormenti che provo, soprattutto all’umiliazione di vedermi presto circondato dagli agenti dello straniero!… Hanno trascinato le mie aquile nel fango… Mi hanno conosciuto male!… Mio povero Costante, mi rimpiangeranno quando non ci sarò più!… Marmont mi ha dato l’ultimo colpo. Lo sfortunato!… Lo amavo!… L’abbandono di Berthier mi ha dispiaciuto!… I miei vecchi amici, i miei vecchi compagni d’armi…”

L’imperatore mi disse ancora molte altre cose che temevo di riferire in un modo infedele e si capirà che, consegnato come ero alla disperazione più violenta, non cercavo di scolpire nella mia memoria le parole che uscivano a intervalli dalla bocca dell’imperatore; poiché egli non parlò subito e le lamentele che ho riportato furono proferite dopo momenti di riposo o piuttosto di abbattimento.

Occhi fissi sulla figura dell’imperatore, vi notai, per quanto le mie lacrime mi permettessero di vedervi, alcuni movimenti convulsivi; erano i sintomi di una crisi che mi causavano il più grande sgomento. Per fortuna questa crisi portò un primo vomito che mi rese qualche speranza. L’imperatore, nella complicazione delle sue sofferenze fisiche e morali, non aveva perso il sangue freddo; mi disse: “Costante, fai chiamare Caulaincourt e Yvan”.

Aprii la porta per comunicare quest’ordine al sig. Pelard, senza uscire dalla stanza dell’imperatore. Ritornato al suo letto, lo pregai, lo supplicai di prendere una pozione addolcitrice; tutti i miei sforzi furono vani, respinse tutte le mie istanze, tanto aveva una ferma volontà di morire, anche in presenza della morte.

Nonostante il rifiuto ostinato dell’imperatore, continuai sempre le mie suppliche, quando M. de Caulaincourt e M. Yvan entrarono nella sua stanza. Sua Maestà fece cenno con la mano al Sig. Duca di Vicenza di avvicinarsi al suo letto, e gli disse: “Caulaincourt, vi raccomando mia moglie e mio figlio; serviteli come mi avete servito. Non ho molto da vivere!…” In questo momento l’imperatore fu interrotto da un nuovo vomito, ma più leggero del primo. Nel frattempo tentai di dire al Sig. Duca di Vicenza che l’imperatore aveva preso del veleno: mi indovinò più di quanto capisse, perché i singhiozzi mi soffocavano la voce al punto di non poter pronunciare una parola distintamente.

Il sig. Yvan si avvicinò all’imperatore e disse: “Crede che la dose sia abbastanza forte?” Queste parole erano veramente enigmatiche per l’on. Yvan, poiché non aveva mai conosciuto l’esistenza del sacchetto. Così rispose: “Non so cosa intendesse Vostra Maestà”; risposta alla quale l’imperatore non rispose nulla.

Avendo tutti e tre, il Sig. Duca di Vicenza, il Sig. Yvan ed io riuniti le nostre istanze presso l’Imperatore, fummo abbastanza felici da determinarlo, ma non senza molta fatica, a prendere una tazza di tè; tuttavia, avendolo fatto in tutta fretta, mi rifiutò quando glielo presentai, “Lasciami, Constant, lasciami stare.” Ma dopo aver raddoppiato i nostri sforzi, finalmente finì, e il vomito cessò. Poco dopo aver preso questa tazza di tè, l’imperatore sembrò più calmo; si addormentò, questi signori si ritirarono dolcemente, e rimasi solo nella sua stanza, dove aspettai il suo risveglio.

Dopo un sonno di poche ore, l’imperatore si svegliò, essendo quasi come al suo solito, sebbene la sua figura portasse ancora tracce di ciò che aveva sofferto e quando lo aiutai ad alzarsi, non mi disse una sola parola che si riferiva, anche nel modo più indiretto, alla terribile notte che avevamo appena passato. Pranzò come al solito, solo un po’ più tardi; la sua aria era tornata completamente calma e anche lui sembrava più allegro di quanto non fosse stato per molto tempo.

Era forse la soddisfazione di essere sfuggito alla morte, che un momento di scoraggiamento gli aveva fatto desiderare, o piuttosto non era perché aveva acquisito la certezza di non temerla più a letto che sul campo di battaglia? In ogni caso, attribuii la felice conservazione dell’imperatore al fatto che il veleno contenuto nel sacchetto fatale aveva perso la sua efficacia.

Quando tutto è rientrato nell’ordine consueto, senza che nessuno del palazzo, eccetto quelli che ho nominato, abbia potuto avvertirsi di quanto era accaduto, ho saputo che il sig. Yvan aveva lasciato Fontainebleau. Disperato della domanda che l’imperatore gli aveva rivolto in presenza del duca di Vicenza, e temendo che facesse sospettare che egli avesse dato a Sua Maestà i mezzi per attentare ai suoi giorni, questo abile chirurgo, per così tanto tempo e così fedelmente legato alla persona dell’imperatore aveva, per così dire, perso la testa pensando alla responsabilità che poteva gravargli. Essendo sceso rapidamente dalla casa dell’imperatore e avendo trovato un cavallo tutto sellato e tutto imbrigliato in uno dei cortili del palazzo, si era lanciato su di esso e aveva seguito in fretta la strada per Parigi. Fu la mattina dello stesso giorno che Roustan lasciò Fontainebleau.