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10 NOVEMBRE 1799: 19 BRUMAIO – 2º GIORNO DEL COLPO DI STATO DI BONAPARTE

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10 NOVEMBRE 1799: 19 BRUMAIO - 2º GIORNO DEL COLPO DI STATO DI BONAPARTE

Quando

Novembre 10, 2022    
12:00 am

Event Type

A Saint-Cloud, preparato per la circostanza, e come deciso il giorno prima, si attende nella galleria di Apollo il Consiglio degli Anziani, mentre l’Orangerie sarà sede del Consiglio dei Cinquecento. Nella notte, sotto gli ordini del generale Sérurier, per rendere sicuri i luoghi, sono arrivate una decina di compagnie della 79a mezza brigata e la guardia dei Consigli. All’alba arrivano i primi deputati.

Bonaparte lascia Giuseppina e la sua casa di via della Vittoria in tarda mattinata per raggiungere Saint-Cloud, con la scorta di un distaccamento di cavalleria, un’ora e mezza dopo. L’accoglienza è mista: si sentono “Viva Bonaparte”, ma anche “Viva la Costituzione”.

Verso mezzogiorno e mezzo, il presidente del Consiglio dei Cinquecento, Lucien Bonaparte, apre la seduta. I Gentili si manifestano rumorosamente. La sala è agitata, si gridano “Abbasso i dittatori” e “Viva la Costituzione”. Si propone che ogni deputato presti giuramento di fedeltà alla Costituzione dell’Anno III, quella che Bonaparte vuole abbattere.

Nel primo pomeriggio, nella galleria di Apollo, si apre la seduta del Consiglio degli Anziani, sotto le fischia dei Giacobini. Chiedono spiegazioni sul presunto complotto, causa del loro trasferimento a Saint-Cloud.

Il Consiglio degli Anziani, informato che tre direttori su cinque hanno rassegnato le dimissioni, chiede ai Cinquecento di designare dei candidati per la loro successione. Si chiede la sospensione della seduta. Bonaparte, seguito dai suoi aiutanti di campo, entra allora nella galleria di Apollo e si lancia in un lungo discorso. Il deputato Étienne-Géry Lenglet lo interrompe brutalmente: “E la Costituzione?”

“La Costituzione? È già stata violata tre volte”. Le sue parole sono maldestre, quindi spiega loro che ha piena fiducia nel Consiglio degli Anziani e che diffida del Consiglio dei Cinquecento “dove si trovano gli uomini che vorrebbero restituirci la Convenzione, i Comitati rivoluzionari e i patiboli”. 

La sala reagisce molto male alle sue parole e lo accusa di voler instaurare la dittatura. Bonaparte prima minaccia di chiamare i soldati e poi esce dalla galleria, sollecitato da Bourrienne che gli dice: “Usciamo, generale, non sapete più cosa dite”.

Nel frattempo i Cinquecento, all’Orangerie, prestano giuramento alla Costituzione dell’Anno III. Apprendono le dimissioni del direttore Paul Barras. Mentre discutono di un sostituto, notano Bonaparte, accompagnato da alcuni granatieri. Indignati, i “Viva la Repubblica”, “Viva la Costituzione dell’anno III”, “Abbasso la dittatura”, “Fuorilegge” sommergono i rari “Viva Bonaparte”. 

Di fronte a questa importante ostilità, Bonaparte rimane muto, quasi sbalordito, poi dice a Sieyès: “Vogliono mettermi fuori legge”, al che Sieyès risponde: “Sono loro che si sono messi in mezzo”. Gli consiglia di non esitare a far marciare le truppe.

Al Consiglio dei Cinquecento, sotto fischi, Lucien Bonaparte difende con le unghie e con i denti suo fratello, poi, sopraffatto, lascia la poltrona di presidente. In questo chiasso, alcuni chiedono che a Bonaparte si ritiri il comando militare, altri vanno oltre e arrivano persino a pretendere il suo bando. Lucien Bonaparte, che in questo tumulto riprende la sua poltrona, esclama “Qui non c’è più libertà. Non avendo più modo di farmi sentire, vedrete almeno il vostro presidente, in segno di lutto pubblico, depositare qui i marchi della magistratura popolare”, prima di essere evacuato dalla sala dai granatieri inviati da suo fratello.

Il caso si presenta molto male. Bonaparte crede di essere stato messo fuori legge. Accompagnato da Lucien, ritrova i suoi fedeli soldati. Lucien annuncia loro che “la stragrande maggioranza del Consiglio è, in questo momento, sotto il terrore di alcuni rappresentanti, che si sono messi essi stessi fuori legge. Riconoscerete come legislatori della Francia solo coloro che si recheranno da me. Coloro che resteranno nell’Orangerie, che la forza li espella. Questi briganti non sono più i rappresentanti del popolo; sono i rappresentanti del pugnale.” Bonaparte ribatte: “Soldati, vi ho condotti alla vittoria; posso contare su di voi?”. “Sì, sì! Viva il generale!” è la loro risposta unanime.

Ai Cinquecento, dopo la partenza di Luciano Bonaparte, i deputati, sentono improvvisamente avvicinarsi i tamburi e le grida di “Viva Bonaparte”. Agli ordini di Napoleone Bonaparte, i soldati invadono la sala dell’Orangerie. Baionetta e cannone, espellono, volenti o nolenti, tutti i deputati che vi si trovano. Leclerc si fa avanti e dice: “Cittadini rappresentanti, non possiamo più rispondere della sicurezza del Consiglio, vi invito a ritirarvi”.

E Murat ordina ai suoi soldati: “Portatemi via tutti quanti!”. Panico tra i deputati. Si dice che alcuni siano scappati dalle finestre… Fouché, per impossibilitare di raggrupparsi e di formare una nuova assemblea, impedì loro di tornare a Parigi.

Cornudet, il presidente degli Anziani, informato di quanto successo al Consiglio dei Cinquecento, fa votare il seguente decreto: “Il Consiglio degli Anziani, atteso il ritiro del Consiglio dei Cinquecento, decreta quanto segue: quattro dei membri del Direttorio esecutivo hanno rassegnato le dimissioni e il quinto, posto in sorveglianza, sarà nominato un comitato esecutivo provvisorio, composto di tre membri. Una Commissione intermedia nel Consiglio degli Anziani esercita nel frattempo il potere legislativo.”

Bonaparte e Sieyès non sono soddisfatti. Decidono di ritrovare tutti i deputati dei Cinquecento da loro acquisiti e di riunirli in assemblea.

 Alle 21, all’Orangerie, Lucien Bonaparte riprende la presidenza e apre in piena confusione la seduta, dichiarando la camera legalmente costituita. Il deputato Bérenger prende subito la parola e pronuncia queste parole: “Gloria e riconoscenza a Bonaparte, ai generali, all’esercito, che hanno liberato il corpo legislativo dei suoi tiranni senza versare una goccia di sangue. La giornata del 19 brumaio è quella del popolo sovrano, dell’uguaglianza, della libertà, della felicità e della pace. Terminerà la Rivoluzione e fonderà la Repubblica, che esisteva solo nel cuore dei repubblicani”.

I sostenitori di Bonaparte deliberano tutta la notte. Si ritrovano, intorno a Lucien Bonaparte, Chénier, Creuzé-Latouche, Daunou, Gaudin, Crétet, Cabanis, Bérenger, Boulay (de la Meurthe), Chazal…

Nella notte tra il 19 e il 20 brumaio anno VIII (10-11 novembre 1799), Lucien propone al consiglio degli Anziani di riorganizzare un nuovo consiglio dei Cinquecento, purificandolo da sessanta deputati sostenitori della vecchia costituzione. “Il Direttorio è morto, dobbiamo nominare una commissione per rivedere la Costituzione.”

Tre consoli, Sieyès, Napoleone Bonaparte e Roger-Ducos, giurano davanti ai due Consigli di essere fedeli “alla sovranità del popolo, alla Repubblica unita e indivisibile, alla libertà, all’uguaglianza e al sistema rappresentativo.”

 Questo colpo di Stato mette fine al Direttorio. Svoltosi nel tumulto, ma senza uno sparo, senza feriti, senza una goccia di sangue versato. Tutt’al più si dovrà deplorare una manica di uniforme lacerata, quella di un granatiere che proteggeva Bonaparte…