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Carlo Gustavo Rol a Marengo per emozionare tutti

”Napoleone! Napoleone!”: il silenzio di Carlo Gustavo Rol (25 giugno 1903 – 20 settembre 1994) è finito così all’età di due anni. L’insieme di cimeli napoleonici curato dal sensitivo torinese artefice di fenomeni straordinari (chiaroveggenza, precognizione, bilocazione, oggettistica materializzata e dissolta, telepatia, traslazione, levitazione, elasticità di corpi per attraversare le superfici, guarigioni, telecinesi) riferiti dagli amici scienziati, intellettuali, artisti è stato connesso al collezionismo più pregiato d’Europa. La collezione di Rol (orologi e sculture antichi, oggettistica di quotidianità appartenuta all’Imperatore e ai familiari) è stata impreziosita di reliquie rare: la spada di Napoleone Re d’Italia, lo stendardo abbinato ai soldati veliti (alias il reggimento munito di armi leggere istituito dal condottiero còrso per rassettare la Guardia Reale italiana), la lettera originale di Napoleone corredata dalla frase ”Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!” riferita alla Corona Ferrea posata sul capo al leader còrso consacrato Re d’Italia (Milano, 26 maggio 1805).
La saga attribuisce a Napoleone l’idea di abbandonare la vettura guasta a Marengo e proseguire l’itinerario per entrare al duomo di Milano. Rol aveva riassettato l’ossario consacrato ai prodi caduti a Marengo e finanziato il restyling parziale alla carrozza di Napoleone nonostante il dubbio altrui sull’autenticità. Il restauro al bijou d’artigianato francese dipinto d’oro zecchino, impreziosito di velluto e arabeschi d’argento all’interno è proseguito all’Ordine Mauriziano e oggidì il dono di Rol è esposto ai visitatori alla palazzina di caccia a Stupinigi.
Rol osservava lo spirito intrinseco ai manufatti idoneo per trattenere la memoria di fruitori: l’indole nobile è stata nodale per donare agli amici intimi la collezione di bottoni bellissimi disgiunti dalle livree francesi estratte dal sottosuolo a Marengo.
Correva l’anno 1955 e Rol era a Marengo: il genio dissepolto dal suolo univa Rol al dono d’arte graziosa per emozionare tutti. La prodigalità già concretizzata dal mecenate Giovanni Antonio Delavo è contagiosa.