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Marengo e Fraschéta, terra di torri

L’orma reduce dal ciclo stagionale fornisce le perle per trasmettere la nostra identità dagli avi ai posteri e ricostruire, così, la storia infinita diffusa sulla strada alias la scuola migliore per conoscere il sito natio. Il toponimo Marengo proiettato sul set europeo dal trionfo militare di Napoleone è definito dalla genesi piuttosto ordinaria attribuita al mare. La denominazione nasce sulla distanza di quattro strade Marencane (o Marenche) costruite a decorrere dal Medioevo per congiungere il mare all’entroterra transappenninico: Albenga a Mondovì, Oneglia alla valle Vermenagna e a Cuneo, Genova al segmento da Tortona a Casteggio e alla città di Pavia, Voltri alla pianura alessandrina e alle colline floride sul Monferrato da Asti a Casale (due città allora più ricche di Torino). La striscia rettilinea dalla Liguria a Pozzolo Formigaro risale all’epoca napoleonica e sostituisce la strada più sinuosa cosparsa di cascine cinte di mura e definite dalla torre di vedetta. Il tratto da Genova a Marengo incrociava la Torre Castel Gazzo lambita dal rio Lovassina per entrare sulla via Marencana oggidì ridotta alla connessione dalla strada statale Padana Inferiore al viale Partigiani sul territorio pozzolese e la cascina Brencia sdraiata sul pianoro di Fraschéta steso da Alessandria a Bosco. 

La gloria sull’agro di Marengo esiste dall’epoca longobarda insieme al mansio alias la stazione di posta e di cambio per cavalli incorporata al podere fortificato: dalla torre Teodolinda a Marengo alla torre Garofoli a Tortona, dalla tenuta Torre di Frugarolo alle cascine franate e munite di torre di protezione (dalla torre Masina alta quindici metri e sottratta al crollo alla torre Posta a ridosso di Mandrogne e di Quattro Cascine). Il cicaleccio attribuisce all’edificio foggiato a torre inserito alla cascina di via Desaix a Castelceriolo l’origine per l’appellativo unito al podere ingentilito dal casato nobiliare Mathis (ramo cadetto di stirpe Ghilini). Lo charme fuso alla struttura architettonica definita dall’ascensione per dilatare l’area visiva può essere esteso al campanile. Correva il secolo XVIII e il sito di culto cattolico neonato e dedicato alla Madonna del Rosario sostituiva la chiesa di San Giuliano Martire arsa dalla pira (25 febbraio 1700) e avviava la riprogettazione geografica al borgo di San Giuliano della Frasca centrale sul territorio esteso dalla torre Garofoli alla torre Teodolinda già inciso dal reticolo centuriale romano. Oggidì l’area di San Giuliano Nuovo definita dalla chiesa settecentesca e dalla torre campanaria barocca finanziati dal marchese Fabrizio Ghilini IV (1665 – 1745) lambisce la zona di San Giuliano Vecchio identificata dall’edificio sacro più recente consacrato alla Beata Vergine Assunta al Cielo e dalla base quadrata al campanile oltreché dalla stele posata alla cascina Vigna Santa per commemorare il Generale napoleonico Louis Charles Desaix qui caduto alla battaglia di Marengo (14 giugno 1800).