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Marengo, la casa per le api

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“Le regine di Marengo nel mondo” è lo slogan dedicato alle api e scelto dall’Unione Giornalisti e Comunicatori europei (Ujce) per l’epilogo al premio “Steli di Pace” allestito al Marengo auditorium per celebrare la Giornata internazionale Unesco della Scienza per la Pace e lo Sviluppo. L’impollinazione svolta dalle api è cruciale per tutelare la biodiversità: il miele offre dati sulla contaminazione di fitofarmaci. Il parco Desaix a villa Delavo custodisce otto arnie: l’idea suggerita dal consigliere Maurizio Sciaudone (Provincia di Alessandria) prosegue la lotta senz’armi intrapresa per promuovere la pace sul sito già funestato dalle milizie.

“La democrazia delle Api” di Giuseppe Zicari

https.//sites.google.com/site/zicari73/

Una colonia di api forma quello che possiamo definire un super-organismo in quanto vi è una organizzazione sociale complessa. Sono insetti affascinanti per il loro comportamento sociale che è generato da un cervello costituito da meno di un milione di cellule nervose (stanno in una capocchia di spillo). Per avere un paragone il cervello umano contiene all’incirca miliardi di neuroni e un numero almeno 10 volte superiore di cellule di supporto (dette cellule gliali). Le api possono memorizzare e ricordare l’ora in cui è disponibile l’alimento. In condizioni sperimentali, le api ricompensate ad un’ora particolare su un nutritore e in un orario diverso in un altro, imparano a volare all’ora giusta e al posto giusto. È stato registrato anche il volontario allontanamento senza ritorno delle api malate (suicidio altruistico o immunità sociale).

Per quanto concerne la loro capacità di comunicazione, sono in grado di comunicare la posizione dei fiori e dell’acqua nell’oscurità dell’arnia usando danze e vibrazioni. Per comunicare i luoghi interessanti e distanti usano quella che è stata definita la danza dell’addome: l’ape al rientro compie un movimento della forma del numero otto. Durante il tratto rettilineo fa vibrare con un movimento pendolare l’addome (12-15 vibrazioni al secondo). Compie dei cerchi in cui più è lunga la fase di movimento dell’addome, cioè quella rettilinea, maggiore è la distanza dalla fonte di polline o nettare. Si può considerare la corsa rettilinea una versione ritualizzata del volo che le altre operaie dovranno fare per andare dall’alveare al bersaglio. L’angolazione rispetto al Sole del tratto rettilineo permette di comunicare la direzione; le api percepiscono la posizione del Sole anche in presenza delle nubi, attraverso la luce polarizzata che filtra. La durata della passeggiata scodinzolante (effettuata al buio e in favi perpendicolari) è proporzionale alla durata del volo all’esterno. Una durata di un secondo del movimento oscillante dell’addome rappresenta una media di mille metri di volo. L’angolo compiuto dalla passeggiata in relazione alla linea verticale del favo rappresenta l’angolo del viaggio all’esterno in rapporto alla direzione del Sole. Esiste una relazione tra intensità e durata della danza e ricchezza del sito.

Tra i comportamenti interessanti delle api vi è la sciamatura, cioè il fenomeno durante il quale una parte delle api operaie resta nell’arnia e alleva una nuova regina, mentre le altre (almeno 10.000 api) volano via insieme alla vecchia regina per creare una nuova colonia. Le api sciamanti inizialmente si riuniscono in un grappolo a meno di trenta metri dall’arnia, dove resteranno al massimo per qualche giorno. Da questo sciame appeso ad un ramo, diverse centinaia di api partiranno alla ricerca di una nuova dimora esplorando anche 70 km2. Il meccanismo affascinante di questo processo è la selezione democratica del sito migliore per tutti. Viene attuata per così dire una valutazione immobiliare collettiva del sito (es.: cavità di un albero) che deve avere caratteristiche minime tali da poter convincere la maggioranza della colonia. Lo sciame ha solo qualche giorno per effettuare la scelta e occupare un nuovo nido. Il tempo a loro disposizione è regolato dalle scorte di miele che hanno prelevato nella vecchia casa prima di partire (circa il 50% del peso corporeo delle api sciamanti è formato dal miele ingerito). Il meccanismo decisionale mette a confronto diverse opzioni presentate da differenti api operaie esploratrici. Ognuna cerca di convincere le altre api e verrà scelta l’opzione che per prima avrà superato una soglia di consenso. Le api impegnate nell’esplorazione e nella danza potranno essere tra il 2,8% e il 5,4% del numero complessivo, cioè tra 300 e 500 se lo sciame è composto da 10.000 insetti; è il numero di api che promuove attivamente il dibattito. In poche ore o pochi giorni viene presa una decisione di gruppo dalla quale dipende la sopravvivenza di tutti. Inizialmente, ogni ape esploratrice eseguirà la danza indicando la direzione del potenziale nido scoperto; tuttavia, se si osservano tutte le api danzanti (o la maggior parte di esse) subito prima della sciamatura, si nota che esse indicano la stessa direzione. Alcune interessanti osservazioni hanno permesso di rilevare che il numero di api che deve essere a favore del sito è di almeno 75 api operaie. Cioè è sufficiente che almeno 75 esploratrici abbiano visitato il sito e lo abbiano ritenuto idoneo promuovendolo con la danza affinché lo sciame si sposti in quella direzione (più o meno l’1% dello sciame). È una sorta di quorum. Prima della partenza le api riscaldano i muscoli per il volo ed emettono un caratteristico rumore. La scelta del sito migliore è stata compiuta e si preparano per il volo collettivo che le porterà all’occupazione di una nuova dimora. In questa dimensione le api possono essere viste come un’unica intelligenza collettiva da pochi chili. Un insegnamento possibile da questo comportamento è che promuovere una competizione aperta e corretta tra diverse fazioni può essere una buona soluzione al problema di dover scegliere partendo da una serie sparpagliata di informazioni disponibili tra un gruppo di individui. Le danzatrici convincono altre bottinatrici ad andare a visitare il sito, queste tornando, se avranno valutato positivamente il nuovo sito, danzeranno a loro volta per promuovere la stessa proposta. Le api più esperte faranno una scelta democratica, non c’è un capo e non delegano decisioni importanti a chi non ne subirà le conseguenze. È interessante notare che il gruppo è organizzato in modo che le deliberazioni dei singoli individui in confronto diretto sfocino in un ragionamento collettivo ampiamente condiviso, in modo da ridurre la probabilità di commettere scelte sbagliate. Questo metodo ha superato la selezione operata in oltre 20 milioni di anni e cioè nel tempo di esistenza stimato per le api. Da poche decine di anni le api si trovano ad affrontare un nuovo e grande ostacolo, derivato dall’innovazione tecnologica nel settore militare: i pesticidi. In particolare, alcuni insetticidi, a concentrazioni bassissime (parti per miliardo nel nettare o nel polline), talmente piccole da essere difficili da determinare, sono in grado di compromettere il comportamento delle api. Sono dosi così basse che non sono in gradi di uccidere l’ape e, però, sono anche concentrazioni 10 o più volte inferiori a quelle che possono essere registrate nel nettare. Si tratta di concentrazioni molto minori a quelle alle quali le api possono essere esposte con l’alimentazione di nettare da campi trattati con alcuni insetticidi. A queste bassissime dosi si registra una compromissione della capacità di comunicazione, la danza dell’addome non riesce più a svolgere la sua funzione. Inoltre, le api riducono la capacità di orientamento, perdono la memoria olfattiva e volano di meno. Le singole api esposte non muoiono, ma in poche settimane o mesi la colonia può collassare.

L’utilizzo ubiquitario e in grandi quantità dei pesticidi danneggia le api, ma compromette anche la capacità degli ecosistemi di rendere i servizi essenziali alla sopravvivenza della specie umana. Nessun ecosistema è risparmiato. Continuiamo a sottovalutare la gravità di questo inquinamento volontario che arricchisce meno di 10 grandi aziende. Questa storia evidenzia la lotta di pochi contro molti, dove temporaneamente in pochi risultano vincenti, ma alla fine del gioco tutti risulteranno perdenti.

Il filosofo francese Montesquieu (1689-1755) scrisse un concetto sul quale dovremmo riflettere: “Ciò che non è utile allo sciame non è utile all’ape”.