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Il tempo di Napoleone dipinto a palazzo Ghilini

L’ora legale è l’ultima convenzione valida per scandire il nostro tempo: la scansione delle ore è volata sulla scia di epoche e regole diverse. Lo sguardo rivolto verso l’alto può offrire il fascino misterioso di tracce velate dalla routine. Il paio di meridiane dipinto sulla parete di mattoni a vista protesa sul cortile di Palazzo Ghilini (la dimora barocca di stile piemontese, sede di Provincia di Alessandria dal 1869 e di Prefettura, risale al secolo XVIII) custodisce la memoria di epoche ormai remote.

L’adiacenza di quadranti solari francese e italico è successiva alla fase di espansione gagliarda vissuta dal sistema orario esteso al Piemonte dall’invasione napoleonica. Il metodo francese introduce 24 intervalli identici e regolari nell’anno distribuiti tra due cicli di 12 ore ciascuno: la disposizione è simmetrica alle 12, il computo apre a mezzanotte sul blocco antimeridiano e a mezzodì sul blocco pomeridiano. La catena numerica oraria inizia al mattino alle 7 e finisce al pomeriggio alle 5. La posizione di ogni linea oraria è articolata a ventaglio però la forma, paragonata al quadrante solare delle ore canoniche, è più circoscritta. Il punto generatore (o eclittico) garantisce la confluenza a ogni linea oraria e l’incastro al piede dello stilo: la posizione delle linee orarie rispetto allo stilo lascia risalire alla declinazione della parete a ovest quando è più fitto l’insieme di linee alla destra della riga meridiana o viceversa.

Il metodo francese segnava soltanto l’ora locale e, così, decadde sulla scia di vapore diffuso dalle motrici utilizzate per sveltire il trasporto.