Il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) sanciva il trasferimento di Venezia dalla Prima Repubblica francese al Sacro Romano Impero e avviava l’inquietudine per Ugo Foscolo, già incline alla Rivoluzione francese intrisa di uguaglianza, libertà, fraternità, poi Tenente iscritto ai cacciatori a cavallo (Repubblica Cispadana, 16 ottobre 1796 – 29 luglio 1797) e alle strutture istituzionali di Venezia liberata, costretto all’esilio dall’oligarchia veneziana ostile all’Italia indipendente. Il poeta, romanziere e traduttore, deluso dall’epilogo per la Campagna napoleonica d’Italia (24 marzo 1796 – 17 ottobre 1797) indotto dalla strategia, preferiva la scrittura appassionata per nutrire l’entusiasmo libertario e combattere la tirannia fuori dalla vicenda rivoluzionaria. La frattura decisiva di Foscolo dal potere napoleonico è stata plateale: Ajace, la tragedia foscoliana inscenata al teatro alla Scala di Milano (9 dicembre 1811) per denunciare Napoleone è stata ridotta dal divieto di qualsiasi replica e l’autore, inviso ai francesi filo-napoleonici, costretto a espatriare a Londra (1816) e abiurare il fondamentalismo ideologico, politico, libertario, democratico tradito dall’Imperatore di stirpe còrsa. La legislazione illuministica astiosa all’usanza di riti funerari radicata sul suolo italiano destava il drammaturgo neoclassico e preromantico. L’ode foscoliana ”Dei sepolcri” (1807) composta dall’estate all’autunno è stata indotta dall’editto napoleonico di Saint-Cloud (12 giugno 1804) sulle prassi sepolcrali esteso al Regno d’Italia (1806): l’autore temeva l’eclissi per l’eco di vita virtuosa infusa dal divieto esteso alle iscrizioni sulle tombe per unificare l’urgenza sanitaria alle volontà ideologica e politica di equiparare le salme. Il carme di 295 endecasillabi sciolti elegge la basilica gotica di Santa Croce a Firenze a famedio d’Italia.