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Napoleone abbatte il duomo e si converte a Sant’Elena

Correva il secolo XIX e la città di Alessandria viveva l’alterazione urbanistica decisa dal Primo Cònsole Napoleone Bonaparte reduce dalla vittoria decisiva alla battaglia di Marengo (14 giugno 1800): la mano napoleonica produceva il disagio assoluto sulla nostra città oppure muoveva dall’ambizione di valorizzare l’area alessandrina? Ieri, la platea riunita al Marengo auditorium è stata sedotta dalla tenzone spettacolare sulle responsabilità gravate sul Generalissimo còrso: il duello basato sulla dissertazione intrapresa dall’architetto Gianni Cellè contro Efrem Bovo (Marengo temporary manager) è stato condotto dal direttore Massimo Taggiasco (Alessandria24) verso la sintesi migliore: l’armistizio e le proposte avveniristiche. ”Il primo duomo di San Pietro è stato costruito dall’anno 1170 al 1178 – è stato asserito dall’architetto – e poi nobilitato al rango di cattedrale dal Papa Alessandro III. Il dissenso è stato espresso dalla formula energica ”delitto inutile” creata dal giornalista alessandrino Fausto Bima (1930 – 1973) per alludere alla demolizione seppure addolcita dall’indennità di 315mila franchi. La distruzione di altri edifici ecclesiastici decisa dall’amministrazione napoleonica sconvolgeva l’ordine urbanistico alla città di Alessandria”.

”Il duomo medievale già restaurato – è stata la reazione di Bovo – scricchiolava per l’incuria e, inoltre, il biasimo leggero innescato dall’emblema comunitario distrutto è stato lenito dal vincolo di costruire il duomo nuovo. La nuova piazza d’Armi è stata nodale per muovere le truppe dalla cittadella indicata dal condottiero còrso e liberare l’Italia settentrionale dalla tirannia asburgica. Il progetto ambizioso di Napoleone per il nostro territorio suggeriva il viale alberato per unire la nuova piazza d’Armi centrale alla roccaforte di Alessandria alla ”Città delle Vittorie” insediata a Marengo”.

”Il Concordato (1801) tra la Repubblica Italiana (1802 – 1805) di Napoleone e Sua Santità Pio VII – è stato l’intervento di Piercarlo Fabbio – apriva la fabbriceria all’amministrazione prefettizia e regolava le indennità destinate agli ordini religiosi soppressi. Il Generale Francesco Federico Campana (di madre Capello) era il Prefetto al Dipartimento di Marengo e il cugino Capello era il Segretario dipartimentale”.

”La pietra scartata ieri – è stata la conclusione di Bovo – è la pietra angolare di oggi. La testimonianza umana perpetuata dal mecenate Giovanni Antonio Delavo, alias la villa destinata al primo museo napoleonico d’Italia, è stata definita dal Consòle generale di Francia a Milano, François Revardeaux, luogo deputato per irrobustire la sinergia italo-francese aiutata dal trattato di cooperazione bilaterale rafforzata ratificato a Roma (26 novembre 2021). L’opera attivata al Polo internazionale di Marengo è coerente alla Carta Costituzionale della Repubblica Italiana (1948): l’articolo 9 promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Il passato rivalutato può rafforzare il circolo economico sulla nostra zona centralissima all’area vasta estesa da Milano a Santa Margherita Ligure e a Imperia”.