Sorting by

×
Vai al contenuto

Nerone e Napoleone, umiliazione ed esaltazione

Nemini Amicus, Princeps Omnium Latronum, Ecclesiae Oppressor, Neronis Emulator: l’acrostico feroce “amico di nessuno, principe di tutti i predoni, vessatore della Chiesa, emulo di Nerone” esibisce il dissenso espresso dalla popolazione alessandrina contro Napoleone. L’uomo fatale (Alessandro Manzoni definisce così il Generale còrso nell’ode “Il Cinque maggio”) emulava davvero il quinto imperatore romano oppure la diffamazione offendeva l’intelligenza? “Il popolo amava Nerone. Perché opprimeva i grandi ma era lieve con i piccoli”: l’aforisma di Napoleone Bonaparte può restituire l’aura di giustezza all’identikit applicato dalla consuetudine ai due celeberrimi imperatori inclini a proteggere il popolo e a controllare l’egemonia aristocratica. Correva l’anno 64 e Nerone collaborava, senza nessuna interposizione, insieme ai soccorritori intervenuti per domare l’incendio di Roma e poi dirottava le derrate alimentari alla popolazione stremata dalla tragedia (ciò irritava il patriziato) e frenava la speculazione sulla ricostruzione. Napoleone aveva intuito l’utilità di sedurre la folla per incrementare il dominio francese sull’Europa e, perciò, varato il Codice Civile (1804) per garantire le libertà individuali e l’uguaglianza dinanzi alla legge. Inoltre, il condottiero còrso istituiva la scuola gestita dallo Stato per sottrarre l’istruzione all’iniziativa privata e imponeva la vaccinazione antivaiolosa alle reclute delle Armate e poi ai sudditi francesi.

La visione sulla politica estera separava Nerone (il principe refrattario alle campagne militari partecipava soltanto alla spedizione d’Armenia) dal Generalissimo intervenuto sul campo di battaglia in tre continenti. La coscrizione, obbligatoria in Italia dal 13 agosto 1802, per volontà di Napoleone Bonaparte, presidente della Repubblica Italiana, accresceva l’inquietudine popolare confluita altresì nell’insorgenza antifrancese.

L’assurdità di scindere la folla dal centro di potere è suffragata altresì dal motto “Deprimit elatos levat Alexandria stratos (Alessandria umilia i superbi ed eleva gli umili)” iscritto sullo stemma civico alessandrino: la frase è stata concepita dal Papa Alessandro III.