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30 NOVEMBRE 1808: I POLACCHI ALLA BATTAGLIA DI SOMOSIERRA

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30 NOVEMBRE 1808: I POLACCHI ALLA BATTAGLIA DI SOMOSIERRA

Quando

Novembre 30, 2022    
12:00 am

Event Type

Dał nam przykład Bonaparte,
Jak zwyciężać mamy.

Bonaparte ci ha dato l’esempio,
Su come dobbiamo vincere.
(Estratto dall’Inno nazionale polacco)

• Leggiamo “la carica di cavalleria di Somosierra” del tenente generale Pouzerewsky:

Don Benito San-Juan pose un’avanguardia di 3.000 uomini a Sepulveda e il resto delle sue truppe (circa 9.000 uomini) prese posizione sulla catena delle montagne. Una parte delle truppe si pose su entrambi i lati della strada zigzagata, in modo da poter respingere l’attacco con il fuoco dei tiratori disposti su due file, una sopra l’altra; un’altra parte difendeva l’accesso della strada stessa ed era rinforzata da pezzi di cannone posti agli angoli.

Si vede che la sfilata, per la sua conformazione naturale e per i suoi mezzi di difesa, presentava un ostacolo molto difficile. Ancor più difficile se il difensore aveva pensato di utilizzare mezzi di fortificazione. Gli spagnoli credevano alla loro posizione inespugnabile; la giunta di Aranjuez non stava pensando di lasciare la sua residenza, contando che Castanos (che in quel momento era già sconfitto) avrebbe avuto il tempo di venire tra Somosierra e Madrid, mentre gli inglesi, agendo con lui di comune accordo, sarebbero andati anche in soccorso della capitale.

Tuttavia, Napoleone raggiunse la Guadarrama il 29 novembre. Fissò il suo quartier generale a Bazequillas e, salendo subito a cavallo, andò a fare una ricognizione della sfilata. Sulla base dei risultati di questo riconoscimento furono stabiliti gli ordini dati per il giorno successivo.

Il giorno stava calando, quando il maggiore Dautancourt, che occupava gli avamposti con una parte del reggimento dei cavalleggeri, vide, osservando le posizioni nemiche, lunghe linee di luci bivacco che si estendevano sulla cresta delle altezze su entrambi i lati della strada, ma soprattutto alla sua destra. Contadini nemici, che erano stati sequestrati, stimavano a 30,000 uomini le forze dell’avversario.

Gli ordini di Napoleone per il 30 novembre erano i seguenti: la divisione Lapisse doveva andare a destra della strada e prendere, all’alba, la posizione di Sepulveda; la divisione Ruffin doveva, allo stesso tempo, conquistare il versante nord della Guadarrama, fino all’altezza di Somosierra; il nono leggero doveva camminare a destra della strada e il secondo di linea a sinistra, per cadere sui fianchi del nemico. Il 94º reggimento, con la batteria di sei pezzi di Sénarmont, doveva avanzare in colonna sulla strada. Queste truppe erano seguite dalla cavalleria della Guardia, dietro la quale si trovava Napoleone in persona.

In questo periodo dell’anno il tempo era bello, ma il sole appariva solo verso mezzogiorno: dalle 6 alle 9 del mattino una fitta nebbia avvolgeva tutto il paese e soprattutto la parte montuosa. Napoleone in persona diede l’ordine di attaccare Sepulveda alle 6 del mattino, contando di prendere questa posizione verso le 9, cioè all’ora in cui la colonna diretta su Somosierra avrebbe raggiunto la cresta delle alture. Dovevamo avvicinarci al nemico nascondendoci e aprire il fuoco quando la nebbia iniziava a dissiparsi.

Ma appena il giorno dopo, il 30 novembre, la colonna diretta contro Sepulveda si avvicinava al nemico, quest’ultimo, non offrendo alcuna resistenza, fuggì immediatamente in direzione di Segovia e si unì ai fuggitivi del marchese di Belvedere. La colonna che avanzava su Somosierra riuscì ad avvicinarsi alla posizione nemica senza essere notata, ma, all’improvviso, la nebbia si diradò e gli spagnoli, non presi assolutamente alla sprovvista, ebbero il tempo di mettersi sulla difensiva. I loro distaccamenti avanzati che si trovavano su entrambi i lati della strada furono facilmente respinti dai francesi, ma sulla posizione principale furono ricevuti colpi da una sparatoria mortale da parte degli spagnoli.

Su questi passaggi, Napoleone, avendo fatto una ricognizione delle posizioni nemiche sotto la protezione del terzo squadrone dei cavalleggeri polacchi, che quel giorno serviva da guardia d’onore, era tornato indietro nella direzione di Bazequillas e aspettava con ansia i risultati dell’attacco. Le difficoltà del terreno da superare, la necessità di orientarsi continuamente in un paese montagnoso, dove ad ogni posizione si apre un nuovo orizzonte, la necessità di dividere le truppe in piccole frazioni, l’impossibilità che ne risulta per i capi di tenerli allora in mano e di unire i loro sforzi per raggiungere l’obiettivo comune, la dispersione del combattimento, che degenera in tiri parziali, infine la resistenza del nemico, che dalle altezze dominanti inviava all’assalitore una grandine di proiettili, tutto ciò prolungava la lotta.

Mentre la fanteria francese faceva ogni sforzo per superare gli ostacoli naturali e il nemico, Napoleone, molto impaziente, si avvicinò alla sfilata non lontano da dove la strada inizia a salire. Si fermò vicino al torrente, nel luogo in cui questo tagliava la strada e dove due cannoni francesi avevano preso posizione e lottavano invano contro un’artiglieria spagnola superiore. La cavalleria della guardia era in colonna sulla strada e il reggimento dei cavalleggeri polacchi, posto in testa, si era dispiegato a destra della strada; lì, un plico di terra lo metteva al riparo dal fuoco dell’artiglieria nemica, ma non dai proiettili dei tiratori. L’attacco si prolungava sempre di più e la lotta minacciava di diventare sanguinosa.

Napoleone, senza prestare attenzione ai proiettili che piovevano intorno a lui, osservava attentamente le peripezie del combattimento, così come il terreno e il nemico. In quel momento, in cui sembrava completamente assorto in questa osservazione, diede improvvisamente l’ordine allo squadrone di cavalleggeri polacchi della sua scorta di caricare immediatamente l’artiglieria nemica, il cui fuoco spazzava la strada.

Il pericoloso onore di eseguire l’ordine dell’Imperatore cadde sulla terza squadriglia di cavalleggeri. Poiché il comandante dello squadrone, Stokowski, non si era ancora unito al reggimento, il comando ad interim era esercitato da Kozietulski. Lo squadrone era composto dalla 38a compagnia, dal capitano Dziewanowski e dal settimo, dal capitano P. Krasinski. Esso contava probabilmente dodici ranghi per plotone e il suo numero era di circa 125 uomini, compresi i sottufficiali e altri ufficiali.

Avendo ricevuto l’ordine di caricare, Kozietulski formò immediatamente lo squadrone in colonna da quattro (la larghezza della strada non permetteva di dispiegarsi) e, tirando la sua spada, si lanciò in avanti al grido di: “Viva l’Imperatore!” I testimoni del combattimento sono in disaccordo su questo primo momento dell’azione, come lo sono per i momenti successivi.

Così, Niegolewski, contestando il racconto di Thiers (che non è esatto, perché mette a capo della carica il generale Montbrun, che non vi ha preso parte), afferma che lo squadrone di Kozietulski, essendosi lanciato alla carica, ha caricato senza esitazione fino alla fine. Va notato, a questo proposito, che all’inizio della carica Niegolewski era in ricognizione; si unì allo squadrone solo quando quest’ultimo aveva preso il galoppo di carica. Zaluski conferma l’affermazione di Niegolewski, ma lui stesso non ha preso parte alla carica del 38º squadrone e ha collaborato solo all’inseguimento degli spagnoli confusi.

Troviamo, in Ségur, il seguente racconto, pieno di colore: Venne ad annunciare all’Imperatore che la carica del suo squadrone di servizio era stata fermata (?), che aveva incontrato un ostacolo insormontabile, che la vittoria frontale era impossibile. Era infatti dai fianchi e dalla sola fanteria che poteva essere superato. Ma non c’era tempo da perdere. Napoleone era in un brutto passo, non voleva, davanti alle truppe, ritirarsi; i proiettili, dalla cima delle creste, piovevano intorno alla sua testa. Era il caso dei polacchi, come guardia, di allontanare questo pericolo dalla sua persona. Tuttavia, come Pireo e Montbrun ignoravano il pericolo dell’Imperatore, avevano ragione e si vedrà troppo presto che, militarmente, la loro carica, inopportuna in questo momento, era impossibile.

Ma, a quest’ultima parola, l’Imperatore, impaziente di farla finita, si indignò: “Come! Impossibile! Non conosco questa parola. Non deve esserci nulla di impossibile per i miei polacchi” al che Walther, generale che comandava la guardia, cercando di calmarlo, replicò: “Sire, un momento di pazienza, la fanteria sale sui fianchi, il nemico sta per essere abbordato su entrambe le ali; allora una carica al centro lo completerà!” L’Imperatore non lo ascoltò. Attraverso i fremiti della sua ira, udii le sue esclamazioni: “Impossibile! Cosa! Mia Guardia, arrestata da contadini! Davanti a bande armate!”

In quel momento, i proiettili nemici raddoppiavano, e io, con un movimento naturale, mi ero avvicinato tra loro e Napoleone, guardandolo, temendo ogni istante di vederlo raggiunto, animandomi del suo pericolo e esaltandomi troppo delle sue parole, perché Walther aveva ragione. Ma lui, vedendo nei miei sguardi la stessa irritazione che lo infiammava: “Sì -aggiunse, come se lo avessi interpellato- sì, andate, Segur, andate, fate caricare i miei Polacchi! Fateli prendere tutti, o portatemi dei prigionieri!”

Partendo subito attraverso la foresta delle nostre baionette, arrivai ai piedi della roccia al riparo della quale solo lo squadrone polacco, davanti alla fanteria, si era allineato. “Comandante -grido a Kozietulski- l’Imperatore vi ordina di caricare a fondo e subito!” Montbrun fece un gesto di stupore, senza osare contraddirmi, ma Pireo rispose: “È impossibile.” (…)

Appena lo squadrone si era lanciato in avanti, una parte degli uomini cadde sotto il fuoco degli spagnoli, che sparavano con tranquillità e precisione su questa colonna profonda di cavalleria. Lo squadrone, decimato, ebbe un momento di esitazione, ma la presenza di spirito dei capi tranquillizzò i soldati e lo squadrone si lanciò in avanti con slancio e impetuosità irresistibili. Anche se nello stesso istante il comandante aveva ucciso il suo cavallo sotto di lui e lui stesso veniva calpestato ai piedi dei cavalli, saltò di nuovo in sella e continuò la carica. La squadriglia galoppava sempre in avanti a tutta velocità.

Né i capi o i cavalieri che cadevano morti o feriti né le grida dei feriti e dei schiacciati fermavano questa cavalcata. Nulla poté resistere a questo uragano: i cannoni che erano posti alla svolta della strada furono presi; i servitori, sciabolati o dispersi; la manciata di uomini rimasti sani e salvi fuggì precipitosamente fino alla cima della sfilata, cioè fino alla posizione principale degli spagnoli, dove diversi cavalieri caddero vicino ai cannoni nemici, il cui fuoco attraversava la strada. Tutta questa carica fu questione di pochi minuti; gli Spagnoli, colpiti all’improvviso, con impetuosità ed  energia, persero fiducia nella forza della posizione e iniziarono la ritirata, che presto si trasformò in rotta.

Nel frattempo, gli spagnoli che si trovavano in prossimità del terreno della carica, vedendo solo un piccolo numero di cavalieri giunti sulla posizione principale, cominciarono a tranquillizzarsi e fecero anche finta di usare crudeltà nei confronti dei polacchi feriti. Ma Napoleone, che seguiva attentamente la carica e vedeva che gli spagnoli stavano decimando lo squadrone con il loro fuoco, gli inviò in rinforzo una parte dei cacciatori a cavallo della sua Guardia e poi tutto il reggimento dei cavalieri polacchi leggeri, il primo squadrone di Lubienski in testa. Dietro i polacchi avanzava la cavalleria della guardia e, dietro di essa, Napoleone stesso con la fanteria. I feriti e i moribondi spingevano con entusiasmo l’acclamazione ordinaria: “Viva l’Imperatore!”

L’arrivo dei rinforzi mise gli spagnoli in rotta. La cavalleria si lanciò all’inseguimento, sciabolandoli. La cavalleria, continuando l’inseguimento, si impadronì di Buytrago e della forte posizione adiacente a questo villaggio. La strada per Madrid era aperta.

Le perdite dello squadrone erano grandi e comprendevano quasi la metà del suo organico: 57 uomini uccisi o feriti; tra i morti o feriti mortali c’erano i capitani Dziewanowski e P. Krasinski e i tenenti Krzyzanowski, Rowicki e Rudowski (ucciso su un cannone); tra i feriti, il tenente Niegolewski. Le contusioni e i traumi non sono inclusi in questa lista.

Certo, le perdite relative sono state enormi, ma i risultati dell’onere meritavano sacrifici ancora maggiori. La carica stessa appartiene senza contraddizioni alle imprese più ardite della storia della cavalleria. Ricoprì di gloria il reggimento, che l’anno successivo a Wagram stupì tutti per la sua audacia e lo slancio delle sue cariche.

Quando, il giorno dopo la battaglia di Somosierra, il reggimento passò davanti ai bivacchi del corpo d’armata di Victor, le truppe gli resero gli onori gridando: “Vivi i coraggiosi!” In quel momento Napoleone ordinò a Krasinski di schierare il reggimento. Poi, togliendosi il cappello davanti al reggimento formato in battaglia, l’Imperatore disse: “Vi riconosco per la cavalleria più coraggiosa!” Poi ordinò di suonare: “Cammina!” e fece sfilare il reggimento davanti a lui.