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3 MARZO 1814: I COMBATTIMENTI DI OULCHY-LE-CHÂTEAU

3 MARZO 1814: I COMBATTIMENTI DI OULCHY-LE-CHÂTEAU

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Marzo 3, 2023    
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Tipologia evento

Dal 3 marzo, l’Imperatore, in testa della sua guardia, è al centro delle operazioni: la Ferté-sous-Jouarre, Château-Thierry, Fismes e cerca di tagliare la ritirata di Blücher, le cui colonne sgombrate e impantanate fuggono verso Braine e Soissons.

• Leggiamo il racconto dei combattimenti di Oulchy-le-Château, nei “Ricordi del capitano Parquin”:

Il 2 marzo il grosso dell’esercito prussiano, sotto il comando del maresciallo Blücher, con il quale marciava un corpo d’armata russo, passò la Marna a Château-Thierry. I prussiani avevano tanta fretta di fuggire, spinti dall’Imperatore, che misero un ostacolo tra di loro e ci fecero saltare un’arca dal ponte sulla Marna, che assicurò loro la ritirata e ci diede un riposo forzato di ventiquattro ore di cui però avevamo grande bisogno.

L’Imperatore stabilì il suo quartiere nella casa del capostazione che era nel sobborgo che occupavamo. Ma l’indomani 3, arrivati i soldati del genio, Sua Maestà venne a stabilirsi alle dieci del mattino al bivacco, sulle rive della Marna, per assistere alla restaurazione del ponte. L’Imperatore aveva chiesto al generale Bertrand, il suo grande maresciallo, che aveva incaricato di dirigere questo lavoro, quante ore ci sarebbero volute perché fosse finito, il generale Bertrand rispose che gli occorrevano quattro ore. ” Ve ne do sei”, dice Sua Maestà. E quattro ore del pomeriggio suonavano a Château-Thierry, che il ponte era ristabilito.

Il generale Colbert, che comandava la brigata della Guardia di cui facevo parte, mi aveva fatto ordinare, la mattina al bivacco, di tenermi pronto con cento cavalli della Vecchia Guardia per una missione che avrei ricevuto nella giornata dalla bocca stessa dell’Imperatore. Alle quattro, infatti, mi recavo al ponte con la mia truppa, e l’Imperatore, al quale mi presentai, mi disse: “Capitano, camminate al nemico e fatemi dei prigionieri, ne ho bisogno.”

Sapendo che tre strade che partivano da Château-Thierry, conducevano a Soissons, alla Ferté e a Reims, gli chiesi: “Su quale strada, Sire?” – “Sulla strada per Soissons”, mi rispose.

Un ordine così onorevole da ricevere, emanato da una simile bocca, doveva produrre il suo effetto. Ho messo la mia truppa in marcia, sul ponte, in quattro e al passo. Quando sono stato sull’altra riva, ho permesso ai miei uomini di accettare, senza fermarsi, il pane, il brandy, il prosciutto e le salsicce che i buoni abitanti di Château-Thierry offrivano loro, gioioso di rivedere le truppe francesi dopo aver ospitato i russi e i prussiani che, va detto, si erano comportati molto male in una città aperta e pacifica.

Avevo appena attraversato Château-Thierry in mezzo all’entusiasmo che i suoi coraggiosi abitanti manifestavano per l’Imperatore e avevo fatto circa tre leghe sulla strada di Soissons, quando la marcia del mio squadrone fu fermata dalle fiamme che divoravano un villaggio abbandonato dai suoi abitanti. Questi ultimi avevano preferito cercare, in pieno inverno, una ritirata nei boschi piuttosto che esporsi alla brutalità dei soldati nemici.

Avevo fatto perquisire inutilmente il luogo per scoprirlo, anche se solo un vecchio che poteva darmi informazioni sulla marcia dei generali Sacken e Blücher, quando un maresciallo delle case dei cacciatori della Guardia, a cui avevo appena fatto mettere piede a terra, venne ad avvertirmi che nell’ultima casa del villaggio, l’unica che non era ancora stata colpita dalle fiamme, aveva scoperto alcuni ritardatari dell’esercito russo che erano stesi vicino al fuoco della cucina per aspettare probabilmente che il loro cibo fosse cotto.

Il maresciallo degli alloggi aggiunse che, con alcuni cacciatori del suo plotone, si sarebbe impadronito di questi fanti nemici. Lo fece molto abilmente. Ordinò ai suoi cacciatori di applicare i loro fucili caricati sulle finestre della casa e nella direzione del focolare presso il quale erano seduti tranquillamente questi russi che dovettero essere più spaventati quando i proiettili fischiarono alle loro orecchie. 

Se la Francia non si fosse trovata invasa come lo era dagli eserciti coalizzati, avrei trovato piacevole la cattura di una pentola mostruosa nella quale si trovava una trentina di volatili che avevano cucinato in compagnia di prosciutti, di patate, ecc. Il pane tagliato e preparato che si trovò nella stanza completò un pasto delizioso di cui approfittò il plotone di cacciatori del mio squadrone.

Secondo le leggi rigorose della guerra e nella posizione eccezionale in cui mi trovavo con la mia truppa, avrei dovuto far passare immediatamente per le armi i granatieri russi del corpo del generale Sacken che sorprendevo in un villaggio incendiato dai nemici, ma l’Imperatore aveva appena salvato loro la vita dandomi l’ordine di catturarlo. Spingevo la generosità fino ad ammetterli alla cena che avevano preparato, trovando troppo difficile privarli di un pasto che aveva portato loro sventura; poiché, secondo le loro parole, era il desiderio di non separarsi da quella cara pentola contenente la cena della loro compagnia che li aveva fatti rimanere dietro la colonna di marcia. Si proponevano di riguadagnare il tempo perduto da una marcia notturna. L’arrivo inatteso della mia truppa aveva distrutto il loro progetto.

Dalle informazioni che ricevetti da questi prigionieri, fui convinto che mi trovavo sulle tracce del nemico che si ritirava in tutta fretta in direzione di Soissons. Dopo questa piccola sosta, continuai il mio cammino, lasciando i miei prigionieri alla retroguardia sotto gli occhi del maresciallo delle case che la comandava. Qualche tempo dopo, a un miglio di distanza, verso le dieci, i miei esploratori vennero a rendermi conto che il nemico occupava il grosso villaggio di Oulchy-le-Château, a quattro leghe da Soissons.
Mi affrettai a far avvertire il generale Colbert che sapevo marciare subito dopo di me con una brigata di cavalleria della Guardia, che le retroguardie nemiche avevano i loro posti al di sotto di Oulchy-il castello, che il borgo era completamente occupato e che i fuochi dei bivacchi annunciavano abbastanza che il nemico era in forza. Mentre stavo per eseguire l’ordine che avevo ricevuto dall’Imperatore, pregai il generale Colbert di far sostenere il mio movimento da alcuni squadroni di cavalleria, perché era possibile che il nemico, tornato dalla sua sorpresa, mi facesse molto male al mio ritorno.

Presa questa precauzione, avendo avuto il compito di far riposare gli uomini e i cavalli, ho messo la mia squadriglia in movimento e al passo sul lato non asfaltato della strada fino al momento in cui ho visto il nemico a cento passi, e dopo aver sentito il “Wer da?” (Chi vive), ho messo la mia squadra al galoppo. Ho tolto la stella, ho attraversato Oulchy-le-Château, ho seminato l’allarme e mi sono fuso con la mia truppa sui bivacchi russi e prussiani, che si risvegliarono sciabolati e puntati da cacciatori e lancieri e sotto il fuoco di dragoni e mamelucchi armati di pistole e carabine. Il mio squadrone era composto appositamente da queste diverse armi della cavalleria della Vecchia Guardia.

Il nemico, sorpreso nella notte così audacemente, dovette credere di essere attaccato da diversi reggimenti di cavalleria. Così lo spavento fu completo e ci furono molti morti e feriti. Feci un centinaio di prigionieri, tra cui due colonnelli e diversi ufficiali. Furono immediatamente condotti all’Imperatore che si trovava a Fismes. Sua Maestà apprese da loro la fatale notizia che il generale Moreau, comandante della piazza di Soissons, aveva aperto le porte alle coalizioni su una semplice intimazione che gli era stata fatta.

“Questo nome mi ha sempre portato sfortuna”, dice Napoleone sentendo pronunciare il nome di Moreau.

Nella carica audace e così felicemente eseguita dal mio squadrone, il sig. Pellion, comandante del primo plotone che cadde all’improvviso sulla grande guardia russa, fece mordere la polvere, con il proiettile della sua pistola, all’ufficiale nemico che la comandava. Questa circostanza contribuì molto al successo che ottenni e mi rallegro di menzionare questo fatto alla lode dell’on. Pellion, oggi colonnello di stato maggiore assegnato al si g. ministro della guerra.

La posizione dell’esercito nemico sarebbe stata molto critica se la città di Soissons non avesse aperto le sue porte. La strada da Château-Thierry a La Ferté era sorvegliata dal maresciallo Macdonald alla testa di un corpo d’armata di diciassette mila uomini. La strada per Reims non era asfaltata ed era impraticabile in questa stagione per una truppa. Il nemico era quindi bloccato a Soissons e l’Imperatore, il maresciallo Mortier e la Guardia erano lì per fargli abbassare le armi. Ma già la fatalità si dichiarava contro di noi!

Il 5 marzo, essendo stato inviato in ricognizione dal generale Colbert sulla strada per Fismes, l’ufficiale comandante della truppa d’avanguardia inseguì alcuni esploratori cosacchi e passò incautamente con il suo plotone la sfilata dei mulini di Quincampoix; dovetti sostenerlo con gli altri tre plotoni del mio squadrone e mi accorsi che avevo sulle braccia forze eccessivamente superiori. Non ero d’altronde inviato per combattere il nemico, ma per riconoscerlo; ordinai di ripercorrere la sfilata, ma il nemico, mentre effettuavo questo passaggio che si poteva fare solo al passo, mi aveva sopraffatto e guadagnato velocità sulla strada di Soissons.
Così ho dovuto attraversare circa cinquecento cosacchi del corpo d’armata russo agli ordini del generale Wintzingerode. Egli stesso fu spinto dal generale Nansouty che, alla testa della cavalleria della Guardia, aveva consegnato con vantaggio il combattimento di Berry-au-Bac. Non riuscii a superare tutto questo stormo di cavalleria senza fare grandi perdite. In effetti, ho dovuto deplorare due ufficiali feriti e presi: l’on. de Montalembert, figlio del questore della camera dei deputati, e l’on. Lacrosse, figlio dell’ammiraglio di questo nome, oggi deputato; più quarantatré cacciatori del mio squadrone uccisi, feriti o presi. Io stesso ricevetti un colpo di lancia al braccio, ma la mia riconoscenza rese un vero servizio all’esercito che altrimenti sarebbe stato sorpreso sulle sue spalle.

Quando tornai dalla mia missione e ne riferii al generale Colbert: “Non siamo sempre felici della guerra”, mi disse alludendo alla brillante sorpresa che avevo fatto nella notte tra il 2 e il 3 marzo a Oulchy-le-Château. “È vero – risposi – generale, ma almeno ho la soddisfazione di dirvi che ufficiali e soldati hanno fatto valorosamente il colpo di sciabola; la prova è che la metà del mio squadrone è fuori combattimento e, per quanto mi riguarda, trovate il caso, generale, che io vada a farmi curare dal colpo di lancia che ho ricevuto al braccio sinistro!”

La mia ferita era poca cosa: non mi impediva di continuare a fare la guerra. Quando la Francia era invasa, tutti i suoi figli dovevano difenderla ed ero troppo orgoglioso di contare tra i suoi sostenitori per ritirarmi. L’acqua di colonia, la polvere e l’acqua, il mio rimedio preferito, mi hanno tirato fuori dai guai…

• Situazione alla sera del 3 marzo 1814:

Nel villaggio di Bézu-Saint-Germain, il sindaco, Mr. Harmand, accoglie l’Imperatore per qualche istante di sonno. Nel cortile di questa casa a due piani, situata al centro del villaggio, asciugandosi intorno a grandi fuochi, i granatieri della Guardia vegliano.

È stata una buona giornata: la Vecchia Guardia e la Giovane Guardia di Ney, principe della Moscowa, riuniti con gli squadroni di Guyot. In avanti, a Rocourt, Nansouty ha sostituito i prussiani in fuga, indietro, Charpentier e Boyer, arrivati a Château-Thierry dalla riva destra della Marna, non hanno aspettato il ripristino del ponte, sono passati in barca, e bivacco sulla riva destra. Domani Blücher sarà schiacciato… tra Fismes e Soissons…