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2 GENNAIO 1811: SUCHET PRENDE TORTOSA

2 GENNAIO 1811: SUCHET PRENDE TORTOSA

Quando

Gennaio 2, 2023    
12:00 am

Event Type

  • Leggiamo le Memorie di Louis Gabriel Suchet:

    In quella notte, dal 1º al 2 gennaio, la tredicesima e l’ultima dell’assedio, […] si ordinò che il fuoco raddoppiasse da tutte le parti e che fosse diretto soprattutto in modo da allargare le brecce. L’ultima batteria era così vicina che il suo effetto era prodigioso: a mezzogiorno le due brecce erano praticabili. Il generale in capo, pronto a far incendiare la miniera, disponeva contemporaneamente le truppe per l’assalto. Presto tre padiglioni bianchi galleggiarono sulla città e sui forti.

    Ma poiché il governatore aveva abusato di questo mezzo per fare proposte inammissibili, il fuoco non fu sospeso; i parlamentari sono rinviati nella piazza e il generale in capo esige, come condizione preliminare di ogni accordo, che uno dei forti riceva immediatamente guarnigione francese, volendo con questa misura evitare una sorpresa, assicurare la sua vittoria e allontanare dalla città le disgrazie inseparabili di un assalto.

    Tuttavia l’esitazione degli assediati indicava una situazione innaturale. Il governatore fa dire che non è sicuro dell’obbedienza della guarnigione: i vincoli della disciplina sembrano rotti, o pronti a rompersi, e nessuna capitolazione era ancora firmata. Era importante approfittare del giorno per riunire e disarmare una guarnigione numerosa e dispersa: occorreva una di queste audaci risoluzioni che il momento ispira e che il successo giustifica. L’esercito francese era pronto per l’assalto. Il generale in capo, accompagnato dai generali e dagli ufficiali del suo stato maggiore, seguito da una sola compagnia di granatieri del 116º, si avvicinò all’avanzata del castello, si rivolse alle sentinelle e annunciò loro la fine delle ostilità.

Lasciò alcuni granatieri con il primo posto spagnolo, si fece avanti e chiese all’ufficiale di posta di condurlo al governatore. Questo vecchio aveva bisogno di essere rafforzato contro le disposizioni della sua truppa, e contro le proprie incertezze. Vide entrare il generale in capo e accorse sorpreso. La guarnigione è sotto le armi, i cannonieri alle loro stanze aspettano l’ordine di fare fuoco; la loro capacità annuncia che non c’è un momento da perdere.

Il generale in capo prende un tono alto e si lamenta del ritardo per consegnare uno dei forti: annuncia che può a malapena trattenere i suoi soldati ardenti di impazienza di penetrare attraverso le brecce; minaccia di passare al filo della spada una guarnigione, che, dopo aver chiesto di capitolare, esita a farlo.

Durante questo discorso, il generale Habert aveva fatto avanzare i granatieri. Il governatore intimidito, prende la parte di gettare le armi. Ordinò ai suoi soldati di obbedire solo alla sua voce e promise di far eseguire immediatamente la breve capitolazione, che fu eretta e firmata su un affusto di cannone. Subito la guardia del forte viene consegnata ai nostri granatieri. La notizia di questo avvenimento pervade la città con gli ordini del governatore.

Tutte le truppe obbediscono, si riuniscono e prendono le armi per sfilare. Il generale Abbé, incaricato di comandare la Place de Tortose, fece immediatamente mettere delle postazioni alle porte della città e sulle brecce, entrò in testa di seicento granatieri, stabilì picchetti e pattuglie, occupò le piazze, i negozi, gli edifici pubblici. Il generale in capo scese dal castello, vide sfilare la guarnigione e, dopo avergli fatto deporre le armi, la diresse immediatamente su Xerta, da dove fu condotta in Francia.

Senza menzionare un mezzo blocco di sei mesi, Tortose aveva sostenuto diciassette giorni di assedio, tredici notti di trincea aperta e cinque giorni di fuoco. La guarnigione, forte di undici mila uomini prima dell’assedio, era ridotta e il numero dei prigionieri si alzò a novemila quattrocentosessantotto.

Prendemmo in piazza centonovantadue idranti, trentamila bombe, polvere da sparo, due milioni di cartucce di fanteria, e piombo per fabbricarne un milione, dieci o undici mila fucili, nove bandiere. Gli assediati avevano sparato ventimila colpi di cannone; noi, in cinque giorni di fuoco, trecento colpi per pezzo.

Il talento distinto, l’attività perseverante del generale Valée, si mostrarono pienamente in mezzo a numerosi ostacoli che seppe sconfiggere. I lavori del genio furono condotti dal generale Rogniat con un’abilità e una rapidità di esecuzione che contribuì molto al successo. La settima notte di viaggio, prima che si potesse sparare un solo colpo di cannone, aveva coronato il cammino coperto dal corpo della piazza. I capi d’attacco delle due armi meritarono di essere particolarmente distinti.

I soldati del terzo corpo sapevano, come quelli delle legioni romane, lavorare e combattere con lo stesso zelo. I nostri ufficiali di truppa, francesi e polacchi, stavano cominciando bene la guerra d’assedio. Tutta la fanteria, animata da una viva emulazione, desiderava l’assalto come occasione per dispiegare il suo valore e per eguagliare i servizi dei soldati dell’artiglieria e del genio. La divisione ausiliaria, comandata dal generale Frère, mostrava una simile dedizione; gli italiani, posti in mezzo ai francesi, non differivano dalle vecchie bande.

Se il nemico avesse tentato di togliere l’assedio, il corpo di osservazione avrebbe avuto la sua parte di gloria, ma la posizione presa dal maresciallo duca di Taranto fermò ogni serio tentativo da parte dell’aramaico spagnolo di Catalogna, che si limitò a portare due convogli di viveri per farli entrare a Tortosa, senza potervi riuscire.

Il generale in capo H. O-Donell, a causa della sua ferita, era stato costretto a lasciare il comando, che passò nelle mani del generale Campoverde. Alcuni nuovi progetti furono allora concepiti per soccorrere la piazza, ma la sua caduta gettò gli spagnoli nell’inerzia e nello sdegno e portò un colpo fatale alla combinazione dei valenciani e dei catalani contro l’esercito francese.