• Leggiamo Charles Mullié: “Biografia delle celebrità militari degli eserciti di terra e di mare dal 1789 al 1850”, edizioni Poignavant e Comp. Paris 1852
Jean Baptiste Bessières, maresciallo, nato a Preissac [Prayssac] (Lot), il 6 agosto 1768, entrò nella guardia costituzionale di Luigi XVI nel 1791, passò sottufficiale nei cacciatori a cavallo dei Pirenei, capitano nel 22º reggimento di cacciatori nella lotta di Roveredo, con sei dei suoi cacciatori, tolse due cannoni al nemico. Comandante delle guide del generale in capo dell’esercito d’Italia e colonnello dello stesso corpo in Egitto; generale di brigata; generale di divisione; maresciallo d’Impero nel 1804; duca d’Istria nel 1808; ambasciatore presso la corte del Württemberg. Morto sul campo di battaglia, all’attacco della sfilata di Rippach in Sassonia, il 1º maggio 1813, vigilia della battaglia di Lützen.
Bessières rimase costantemente legato alla guardia imperiale, cioè partecipò a tutte le nostre grandi giornate. Il suo coraggio personale era straordinario. Era buono, generoso, di una lealtà, di una rettitudine antica; adorato dalla guardia in mezzo alla quale passava la sua vita. A Wagram un colpo lo rovesciò dal suo cavallo senza ferirlo; vi fu un grido di dolore su tutta la linea. Napoleone corre al galoppo e gli dice: “Bessières, ecco un bel proiettile! Ha fatto piangere la mia guardia.” (Napoleone a Saint-Hélène.)
Il maresciallo Bessières aveva una meritata reputazione di coraggio; sarebbe impossibile citare tutti i suoi bei fatti di armi. Fu notevole soprattutto a Roveredo, alle battaglie della Favorita e di Rivoli, a Saint-Jean-d’Acre dove fece prodigi, ad Aboukir, a Marengo dove determinò con un’ultima carica la ritirata del nemico, durante tutta la campagna di Austerlitz, a Jena, alle battaglie di Friedland e di Eylau di cui decise il successo.
In Spagna, nel 1808, Bessières lo colse di gloria con la sua vittoria nella Medina del Rio Secco. Napoleone, ricevendone notizia, esclamò: “È una seconda battaglia di Villa Viciosa (nel 1710); Bessières ha messo mio fratello Giuseppe sul trono di Spagna.”
Il maresciallo duca d’Istria continuò la sua gloriosa carriera a Essling e soprattutto a Wagram, e quando fu ucciso, nel 1813 [il 1º maggio, alla vigilia della battaglia di Lützen], comandò in capo tutta la cavalleria dell’esercito.
• Lisons, del tenente colonnello de Baudus, “Études sur Napoléon”, Debécourt, Parigi, 1841:
Si parla spesso dei presentimenti di cui alcuni militari sono stati favoriti sull’epoca precisa della loro morte. Potrei citarne alcuni esempi molto notevoli; mi limiterò a parlare di quello che mi presentarono le ultime ore della vita del maresciallo Bessières; esse offrono, sotto questo aspetto, circostanze del tutto singolari.
Il 30 aprile 1813, il quartier generale imperiale passò la notte a Weissenfels. Anche il maresciallo che comandava tutta la cavalleria vi dormì. Pranzando da solo con lui, il giorno dopo al mattino, lo trovai triste e fu a lungo senza potere fargli accettare uno solo dei piatti che gli offrivo: rispondeva costantemente che non aveva fame. Gli feci osservare che le nostre vedette e quelle del nemico erano in presenza e che dovevamo quindi aspettarci una questione così seria che probabilmente ci avrebbe permesso di non prendere nulla durante il giorno.
Il maresciallo finì per cedere alle mie istanze, e pronunciò queste parole singolari: “A proposito, se una palla di cannone deve rapirmi questa mattina, non voglio che mi prenda a digiuno!” Queste parole mi sorprendono tanto più che gli era capitato più volte, quando ci trovavamo esposti al fuoco omicida, di dirci ridendo: “Guai a voi, signori! A me non succederà niente.”
Uscendo da tavola, il maresciallo mi diede la chiave del suo portafoglio e mi disse: “Fammi il piacere di cercare le lettere di mia moglie.” Gliele consegno. Le prese e le gettò nel fuoco. Fino ad allora il maresciallo le aveva sempre accuratamente conservate. La duchessa d’Istria me lo ha assicurato aggiungendo che il maresciallo, lasciandola, aveva detto a parecchie persone che non sarebbe tornato da questa campagna.
L’imperatore salì a cavallo, il maresciallo lo seguì. Il suo viso era così pallido e la sua faccia era così triste che mi colpì. Ricordando le parole che mi aveva rivolto il maresciallo, dissi al suo compagno: “Se combattiamo oggi, credo che il maresciallo verrà ucciso.”
Il duca d’Elchingen aveva invaso il villaggio di Rippach con la sua fanteria; il duca d’Istria si affrettò a riconoscere la sfilata da cui il nemico era stato appena cacciato; il suo scopo era di farlo attraversare alle truppe sotto i suoi ordini. Arrivato sull’altura che domina il villaggio, quando si esce per la strada di Lipsia, si trovò di fronte a una batteria di artiglieria che il nemico aveva appena stabilito per infilare la strada principale.
Il primo colpo che partì da questa batteria portò via la testa di un maresciallo degli alloggi dei cavalleggeri polacchi della Guardia; questo sottufficiale faceva da diversi anni il servizio di ordinanza presso il maresciallo Bessières. Questa perdita colpì il duca d’Istria, che si allontanò al galoppo. Tuttavia, dopo aver esaminato per qualche istante la posizione dei prussiani, tornò con il capitano Bourjoly, il suo mamelucco Mizza e alcune prescrizioni e disse, avvicinandosi al cadavere: “Voglio che questo giovane sia sepolto; d’altronde l’imperatore sarebbe scontento se vedesse ucciso lì un sottufficiale della sua guardia; perché se questo posto fosse ripreso, sarebbe spiacevole la vista di questa uniforme”.
Una palla lanciata dalla stessa batteria, lo distese morto nel momento in cui pronunciava queste parole. Il maresciallo rimetteva la lunetta in tasca. Ebbe la mano sinistra che teneva le redini, completamente fracassate, il corpo attraversato e il gomito destro rotto. Il suo orologio, sebbene non fosse stato toccato, si fermò sul colpo; segna ancora oggi l’ora fatale della morte del maresciallo; non è mai stata cambiata da allora.
• Napoleone dichiarò nel Memoriale di Sant’Elena:
“Il duca d’Istria è morto della morte più bella, senza soffrire, lascia una reputazione senza macchia: è la più bella eredità che abbia potuto lasciare ai suoi figli”, e ancora “Visse come Bayard e morì come Turenne.”