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10 GENNAIO 1769: NASCITA DI MICHEL NEY

10 GENNAIO 1769: NASCITA DI MICHEL NEY

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Gennaio 10, 2023    
12:00 am

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Michel Ney nacque il 10 gennaio 1769, lo stesso anno di Napoleone, suo maestro, di Wellington, suo principale avversario, di Soult, uno dei suoi emuli, o di Marceau, in una piccola città del dipartimento della Mosella, riunita alla Francia nel 1766 con tutta la Lorena, Sarrelouis.

Questa piccola città di 4000 abitanti darà alla Francia, dal 1792 al 1815, un maresciallo di Francia, cinque generali di divisione, sei generali di brigata, dieci colonnelli, dodici luogotenenti-colonnelli, sessantasette capitani, trentaquattro luogotenenti, tre commissari di guerra e un controllore generale delle poste dell’esercito.

• Leggiamo degli estratti di “Le Maréchal Ney”, di Claude Desprez:

– La prima gioventù

Suo padre, un operaio del bottaio, gli fece dare qualche istruzione nel collegio della sua città natale e poi lo collocò da un notaio [la signora Valletta] e poi da un procuratore. Da lì il giovane Ney passò come impiegato alle miniere di Apenweiler e alle fucine di Saleck.

Le occupazioni a cui si dedicava, così diverse, non potevano soddisfare la sua immaginazione: voleva essere un soldato. Invano suo padre, veterano di Rosbach, avendo già uno dei suoi figli al servizio, cercava di trattenere l’altro. Gli diceva che tutti i gradi erano riservati ai nobili. Ney, tentato meno dagli onori che dal pericolo, non lo ascoltava. Una mattina arrivò da suo padre comunicandogli la sua decisione.


A questa brusca dichiarazione scoppiarono i rimproveri del padre e le lacrime della madre. Ney fuggì senza soldi, senza biancheria, prendendo la strada di Metz. 



– L’arruolamento nell’esercito

Arrivato a Metz il 1º febbraio 1787, Ney si arruolò nel reggimento colonnello generale, che in seguito divenne il quarto ussaro. Inizialmente le previsioni di suo padre sembravano avverarsi: Ney impiegò quattro anni per ottenere il primo dei suoi gradi, quasi più tempo del necessario per passare da brigadiere a generale. Tuttavia la sua viva intelligenza, il suo zelo, la sua prontezza a comprendere le manovre e a eseguirle, la sua audacia a cavallo, la sua flessibilità e la sua abilità in tutti gli esercizi di corpo non potevano sfuggire ai suoi capi.

I cacciatori di Ventimiglia tenevano guarnigione con colonnello generale. Il maestro d’armi dei cacciatori aveva cercato di litigare con quello del colonnello generale, ferendolo in un incontro; da allora non smetteva di insultare il reggimento. Ney fu incaricato di vendicare l’onore del corpo. Ney, improvvisamente, si sentì tirato da dietro: si voltò e si trovò in presenza del suo colonnello. Le regole militari erano formali: il duello era punito con la morte e Ney era appena stato colto sul fatto. Ma si batteva per delegazione. I suoi compagni fecero un passo per sollecitare la sua grazia e la prigione lo salvò dal consiglio di guerra.

La Rivoluzione era scoppiata, i privilegi erano stati aboliti, l’emigrazione aveva chiarito i ranghi. L’Europa in armi avanzava contro la Francia, la carriera si apriva libera da ostacoli e Ney si lanciò. Brigadiere il 1º gennaio 1791, maresciallo di casa il 1º febbraio 1792, maresciallo di casa il 1º aprile, aiutante il 14 giugno, sottotenente il 29 ottobre e tenente il 5 novembre dello stesso anno. Il 29 marzo 1793 il generale Lamarche lo scelse come aiutante di campo.

Valmy aveva cacciato gli stranieri dal nostro territorio, Jemmapes ci aveva aperto il loro. Eravamo padroni del Belgio, avevamo superato la Mosa, quasi toccavamo il Reno. Ma gli austriaci tornarono su di noi e fu il nostro turno di provare battute d’arresto. Ney combatté ad Aldenhoven e a Nordlingue. Al campo di Famars fu fatto capitano. Hondschoote e Wattignies finirono finalmente la serie delle nostre sconfitte.


– Una proposta disonorevole

In uno di quegli scontri che, per un anno, gli eserciti presenti nel Nord si consegnavano quasi ogni giorno, Ney, in testa di uno squadrone di ussari, ruppe uno squadrone inglese. Scorge il capo, si lancia su di lui, lo insegue a oltranza e, quasi a raggiungerlo, gli dice di arrendersi. L’inglese gli offre la sua borsa di studio. A un sorriso di Ney, il suo avversario, sbagliandosi, gli fa le più brillanti proposte, proponendogli di abbandonare i repubblicani e passare agli stranieri.

“Denaro e tradimento!” esclama Ney. “È troppo. Siete voi che diserterete davanti al vostro esercito” e, con la punta della sciabola sul petto dell’inglese, carica il nemico che si riformava per sbarrargli il passaggio e torna al campo con il suo prigioniero.



– Ney rifiuta di essere nominato generale

Da Maestricht, Ney segue Kléber davanti a Magonza. Vuole mostrare ai soldati del Reno come si combatte all’esercito di Sambre-et-Meuse, ma arriva solo in mezzo ai nemici. Circondato, si libera a colpi di sciabola, affonda i suoi speroni nel fianco del suo cavallo, attraversa scarpate e fossati e scappa attraverso i proiettili. Uno di loro lo ha raggiunto al braccio. Presto la fatica inacidisce il male, la febbre si manifesta e Ney è costretto a chiedere un congedo. Il rappresentante Merlino glielo concede e nello stesso tempo lo nomina generale di brigata. Ney crede che non abbia ancora fatto abbastanza per meritare questo grado e lo rifiuta.


– Ney e Soult

L’esercito di Sambre-et-Meuse confinava con la Lahn. Ancora una volta è costretta a ritirarsi. Ma, mentre si ritira, lascia sulla sua sinistra una colonna che è stata gettata come esploratori. Kléber chiama Ney: “corri – gli dice – non perdere tempo”. Ney parte con 25 ussari. Quando sbocca nella pianura di Herborn, vede dei piccoli quadrati annegati tra i vortici della cavalleria nemica.

Era Soult che con poche centinaia di uomini lottava da sei ore contro quattromila austriaci ed emigrati e respingeva una settima carica. Ney sfonda gli austriaci e arriva fino a lui. Subito prende il comando di duecento cavalli e si lancia. Un colpo di mitra abbatte il suo cavallo. Ney cade. Tre emigrati si gettano su di lui e gli chiedono di gridare: “Viva il re!”

“Lunga vita alla repubblica!”, risponde e, alzandosi, con un colpo di sciabola rovescia uno dei suoi avversari, salta sul suo cavallo e mette in rotta gli altri due. Infine, dopo un nono tentativo infruttuoso come gli otto precedenti, gli austriaci lasciarono che Soult continuasse la sua ritirata. Ney viene ad annunciare a Kléber che è rilasciato.

– Umanità del soldato

Ney, per i suoi compagni, si esponeva alla disgrazia; per sconosciuti e nemici rischiava la sua vita. Degli emigrati erano stati fatti prigionieri. Le leggi della Convenzione li condannavano a morte e veniva dato ordine di eseguire queste leggi crudeli, ma Ney combatteva, non sgozzava. Mescolò gli emigrati con altri prigionieri e li fece partire tutti insieme per le città che servivano loro da prigione.

Si diede a Ney l’avviso di essere, in futuro, più prudente. Appena ricevuto l’avvertimento, ricominciò ad esporsi. Una delle sue pattuglie gli aveva portato dei preti fuggitivi che aveva sorpreso a vagare per la campagna. Davanti ai soldati, Ney esplose in minacce, poi, con il pretesto di interrogarli, rimase solo con i preti. Vedendoli morire di paura, di stanchezza e di fame, Ney, con dolci parole, li confortò, diede loro da mangiare, distribuì loro del denaro e, al calar della notte, li fece riaccompagnare, sotto travestimento, agli avamposti nemici.

L’indomani, quando venne a sapere della loro fuga, impazzì e mandò degli uomini alla loro ricerca. Ma sapeva perfettamente che non si poteva raggiungerli. I rappresentanti in missione furono informati di ciò che aveva fatto. Uno di loro parlava della punizione, ma l’altro disse a Kléber: “Il tuo amico Ney sa risparmiare il sangue francese.”


– Morte di suo fratello

Una sera, dopo una delle azioni più calde, mentre tornava al bivacco, raccontava ad uno dei suoi compagni gli incidenti della giornata: “L’ho scampata ancora, – gli diceva – quattro volte mi sono visto solo in mezzo agli austriaci e quattro volte me ne sono tirato fuori!” 

“Beh, – lo riprese il suo amico – sei stato più fortunato di tuo fratello.”

“Fratello?! Gli è successo qualcosa?”

Così venne a sapere che in Italia Pierre Ney, ufficiale della 35ª brigata, è stato ucciso. 

“Mia povera madre”, la voce di Ney era soffocata e le lacrime gli scorrevano lungo le guance. “Cosa sarebbe diventata, cosa sarebbe diventata mia sorella, se oggi fossi morto!”

Ney, soldato, si meritava tutti gli onori: come uomo e come figlio.